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I costi degli apparati pubblici che dissanguano il Belpaese

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GiancarloLehner Saremmo i più agiati del mondo, se riuscissimo a disciogliere nell'acido la cristallizzazione indecente degli sprechi e degli sperperi. Certo, servirebbero ardire e overdose di follia erasmiana, dovendo contrastare l'albagìa e l'inverecondia dei poteri forti, dei clans, delle caste. Neppure Benito Mussolini, che forse poteva, se la sentì d'ingaggiare lo scontro frontale con le consorterie, tant'è che le istituzionalizzò, inventandosi la Camera dei fasci e delle Corporazioni. La stessa casta dei politici assume contorni più umani, se paragonata ai veri e diffusi faraoni celati nella rigogliosa giungla dell'apparato pubblico. La stenografia è arte bella, cuneiforme, misterica, tuttavia, terribilmente inutile ed obsoleta, eppure lo Stato italiano stipendia 60 stenografi con portafogli gonfi sino ai 253.700 euro lordi l'anno. Che vuoi fare da grande? Il bimbetto avvertito, oggi, risponderebbe: il barbiere al Senato o alla Camera, visto che porta a casa sfumatura bassa e paga alta, intorno a 133 mila euro. Portavamo i pantaloni corti, quando, nel 1956, il governo annunciò la liquidazione a breve degli enti inutili. Adesso, siamo canuti e un poco cadenti e risentiamo echi lontani: spezzeremo le reni a codesti enti. Quando? Intanto, ci teniamo la "Cassa conguaglio zucchero" o "l'Opera nazionale per i combattenti", a cui si aggiunge l'Iged, l'ispettorato sorto nel 1956 proprio per sopprimere la buro-inutilità, rivelatosi a sua volta più inutile che mai. A proposito, c'è un avvocato di Milano, che ha presentato una parcella di 21 milioni di euro ad un ente inutile, utile solo per lui. Le comunità montane andavano rase al suolo, ma sin qui abbiamo conseguito il modesto risultato di veder abolite quelle al di sotto o a livello del mare. Le imprese improduttive e indebitate falliscono, ma Pantalone è condannato - non si sa perché - a mantenere, comunque, la voracità di Tar, Cnel, Corte dei Conti, entità ora anacronistiche, ora sovrabbondanti, ora superflue, sempre sacche di privilegi faraonici - vedi consulenze ed arbitrati pagati con cifre a sei zeri -, comunque deficitarie stando al rapporto costi-resa. Gli indefessi fruitori dell'etica, sbandierata, però, con filippiche a mezzo stampa, ovvero i lettori affezionati del professor Gustavo Zagrebelsky, potranno sgranare gli occhi e verificare di che agi ed euro è fatto lo scettro dei moralizzatori tardoberlingueriani. Insomma, l'italiano medio e smagrito non va in Paradiso, mentre le crune degli aghi fanno passare i cammelli di Stato: più grassi sono, più c'entrano. Sì, da noi, Zagrebelsky, uno che è stato presidente della Consulta per poco più di 6 mesi (dal 28 gennaio al 13 settembre 2004), con una serie di riscatti e ricongiunzioni tutti leciti e legali - qui sta il bello -, può incassare una liquidazione di 907 mila euro lordi (635 mila puliti) e una pensioncina di 21.332 euro al mese (12.267 netti). Questo e tanti altri schiaffi agli italiani si possono rimirare nel fresco di stampa di Aldo Forbice e Giancarlo Mazzuca, "I Faraoni/Come le mille caste del potere pubblico stanno dissanguando l'Italia" (Piemme, Casale Monferrato 2009, pagine 299, euro 17,50). Il libro, tale il suo grande merito, è una vera propria guida per il Legislatore, che voglia tagliare, sfoltire, eliminare sprechi e privilegi. A parte l'ampia, variegata ed esauriente documentazione, Forbice e Mazzuca si segnalano anche per la capacità di coniugare il pathos della denuncia civile con la pacatezza del lessico, riuscendo, così, per contrasto, a far inquietare ancora di più il lettore.

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