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Natura e terra nel binomio scelto da Olmi

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«Terra Madre» è una Fondazione che raccoglie in tutto il mondo quanti amano e difendono la natura, specie quelli che coltivano direttamente la terra vivendone dei suoi prodotti. Da alcuni anni a Torino, indice dei convegni internazionali per ascoltare il più largamente possibile voci, testimonianze, opinioni. Ad uno di questi, nel 2006, prese parte anche il nostro grande Ermanno Olmi che tenne a riprendere cinematograficamente i lavori con quelle prestigiose doti di documentarista che ha sempre posseduto fin dai suoi esordi. Andando però oltre e insieme con altri autori dei suoi stessi principi studiando la vita e le abitudini, su e giù per il mondo, di alcuni di quelli che aveva visto partecipare al convegno. Ecco così il film di oggi che, dopo una parte strettamente di cronaca - i lavori, appunto, di quel raduno - ci fa spaziare dalla Norvegia all'India, fino a raccogliersi, nel Veneto, attorno all'episodio di un uomo vissuto quarant'anni solitario sulla sua terra e solo vivendo dei frutti di quella, aggiungendovi l'osservazione in tempo reale di un contadino che semina il suo campo lavorandolo con le sue stesse mani, in contatto immediato con la natura. Le riprese in India le ha curate Maurizio Zaccaro, un altro dei nostri più qualificati registi, mantenendosi sulla sua stessa linea creativa di Olmi grazie anche alla fotografia quasi incantata di suo figlio Fabio. Alle pagine così intense del contadino veneto ha posto mano, con identica vena poetica, un autore delle qualità di Franco Piavoli mentre, per le immagini della vita dell'uomo solitario nel silenzio della casa costruita con le sue stesse mani, Olmi si è rifatto a un testo di Ignazio Roiter con fotografie di Fulvio Roiter. Un film forse a più mani e certamente a più voci, unificate però dall'ispirazione unitaria di un autore come Ermanno Olmi che, da quando ha cominciato, ha sempre saputo dominare il mezzo cinema con il suo tocco poetico. Solo da pochi, in mezzo a noi, imitato e raggiunto.

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