Mercati di Traiano
Un monumento-miracolo. Per la posizione difficile, tra colle e valle. Per l'enorme cupola, che ormai gli elementi di sostegno tengono a fatica. Per le spoliazioni, che l'hanno privato di elementi fondamentali per la statica. Per i tre sismi sopportati. E però sta in piedi, vive, si fa museo di se stesso e del più grande parco archeologico del mondo. Quello dei Fori. Eccoli, i Mercati di Traiano, l'ombelico di Roma sistemati come sono tra due centri del potere, Stato e Comune, Quirinale e Campidoglio. Su di loro ieri si sono di nuovo accesi i riflettori. Fior di archeologi, ingegneri, architetti, matematici (da Eugenio La Rocca a Giorgio Croci, da Renato Perucchio ad Amedeo Schiattarella e a Giovanni Carbonara) a svelare i segreti della sua costruzione e il miracolo, appunto, della sua resistenza. Nell'ottobre 2007 i Mercati Traianei sono stati riaperti dopo due anni e 9 mesi di lavori. «Miglioramento sismico, non adattamento: un edificio antico non può mai essere messo completamente in sicurezza», precisa Lucrezia Ungaro, la direttrice dei Traianei, che ha vissuto l'avventura dell'intervento. Ora, dopo un anno e mezzo, si fa per la prima volta il punto sulle conoscenze che il cantiere ha permesso di acquisire, ma anche su quanto il consolidamento ne ha allargato la fruibilità. Per mostre anche di arte contemporanea, o spettacoli di grande richiamo, come l'Iliade letta da Umberto Orsini. Così, un pezzo del monumento - una «carota» di 19 centimetri di diametro - è stato spedito oltreoceano. Una studiosa, Marie Jackson, ha svolto l'analisi geotecnica e ha scoperto la marcia in più di questo calcestruzzo romano. Si chiama Strätlingite, un minerale «noto per conferire grande resistenza ai cementi moderni». «Insomma - si entusiasma Lucrezia Ungaro - dagli States è venuta la conferma che i romani intuirono le proprietà specifiche delle malte pozzolaniche, come alcune siano più capaci di resistere al peso. La pozzolana dei Mercati Traianei la andarono a prendere a Baia, ai Campi Flegrei. Si dovevano sopportare le spese del trasporto, ma era la più resistente. Un'attenzione non usata, per esempio, nel Foro di Cesare». Ancora, studi partiti dal restauro e appena completati hanno permesso di individuare il più dannoso dei tre terremoti avvenuti a Roma. Fu quello del 448 (gli altri nel 1349 e nel 1703). La prova viene dai presìdi di difesa, i piedritti sistemati nella volta della Grande Aula. Ancora dagli States, università di Rochester (New York), il disvelamento in questo caso di un errore costruttivo. Dicono Renato Perucchio e Philip Brune che non è abbastanza efficace il sostegno che gli archetti di scarico (anche affascinante elemento architettonico) conferiscono alla volta. Leggere questo scrigno della Roma imperiale significa pure dibattere su quanto il consolidamento debba aggiungere. Giorgio Croci, l'ingegnere venuto in soccorso del Colosseo, del Palatino, della Basilica di Assisi, dice della Grande Aula, la parte più a rischio dei Mercati: «È necessario ripristinare le mensole sotto le sei volte, depredate in secoli di spoliazione. Rifarle non rovinerebbe più di tanto la percezione attuale del monumento». Per le esperienze accumulate, c'è da credergli. Ora il suo impegno è rivolto alla Basilica di Collemaggio. Anche per la cura dell'edificio-simbolo dell'Aquila la riflessione sui Mercati Traianei è utile.