«Il teatro italiano è debole e malato»
Nata per promuovere da noi la conoscenza della drammaturgia francese, la rassegna Face à face ha già coinvolto ben 18 teatri su 13 città. Tra questi l'Eliseo che da oggi al 3 maggio conclude l'attuale edizione con «Epistola ai giovani attori» di Oliver Py, drammaturgo fra i più significativi d'Oltralpe e direttore dell'Odéon di Parigi, in un allestimento di Giorgio Barberio Corsetti. Cosa la guida nella scelta di un testo? «I testi che io scelgo mi arrivano per qualcosa di profondo, di segreto, che mi parla e mi fa venir voglia di costruire uno spettacolo. In questo caso, le ragioni sono state molteplici. Da una parte la richiesta della rassegna Face à face, dall'altra la mia amicizia per Oliver Py. E poi il testo stesso, che difende il teatro di parola, di poesia, contro il vuoto e la superficialità della comunicazione contemporanea». Può parlarcene? «È un testo che è tante cose insieme. Un'epistola ai giovani attori, che dice loro cosa devono cercare nel teatro. Ma anche una riflessione alta e un'opera poetica sul teatro e nel teatro. Un'omelia sul potere profondo della parola e del verbo. Qualcosa che ha a che fare con l'essere, più grande ancora del teatro». Quali differenze fra scena italiana e francese? «In Francia c'è un ecosistema molto più ricco, forte e diffuso. Da noi un sistema debole, un po' malato, chiuso alle nuove generazioni. Occorrerebbe avere più luoghi e una grande flessibilità. Una libertà di scelte e una grande attenzione a tutto quello che nasce, che si studia. Invece siamo in una situazione di sudditanza e di autoreferenzialità, con strutture sempre molto rigide e totalmente dominate dalla politica».