«Equiferoce con l'Italia che conta»
Luca Telese, con quella faccia da ragazzo terribile, si diverte un mondo. È la vigilia del debutto su La7, prima serata, di «Tetris», il suo nuovo programma. E lui gira per la capitale in un bus tutto rosso. Ci incontra giornalisti e pubblico, mostra gli spot con Berlusconi e Di Pietro al telefono. Per parlare di «Tetris», il «talent-talk» al via oggi. Un po' reality, un po' tribuna politica. Alla Telese, però, con ironia. Vi accade che la classe dirigente italiana - politici, manager - si presentano in studio per confrontarsi con la ggente. Se sono ok lo dirà una giuria di qualità: giornalisti («ma voci libere», precisa subito Telese), personaggi dello spettacolo. Telese, come le è venuto in mente questo tritacarne? «Dalla constazione dell'enorme successo dei talent-show. Succede nell'Italia del demerito, dove i governi, di destra e di sinistra, hanno quasi cancellato gli esami a scuola. È il paese della livellazione. Ecco perché, per reazione, hanno successo i programmi che incoronano chi si sottopone al giudizio, quello della sconfinata platea televisiva. Allora mi sono chiesto: perché non mettere alla prova anche chi tiene le redini del Paese?». Insomma, forche caudine per i boiardi. Un non senso per dare un senso alla politica? «Ho fatto un casting della classe dirigente. Ogni puntata un vincitore. Vediamo chi vale davvero. Oggi cominciamo con Franco Tatò, viene a dire che i manager sono la democrazia, altrimenti comanderebbero solo i padroni. Poi c'è Leandro Consumi, l'inventore dei Gormiti». Chi è il politico che ha più idee? «Siamo alla frutta. Tutti esaltano Berlusconi con un fideismo esagerato, lui applica una ricetta buona ma vecchia. Quanto al Pd, se si facesse un casting non supererebbe la prova. Il capolista alle Europee è Luigi Berlinguer, vicino agli 80 anni». Il programma finirà alla vigilia del voto. Pensa di spostare voti? «Non lo voglio proprio. Non abbiamo un punto di vista precostituito. In politica cane non mangia cane. Il mio editore di riferimento sarà il Pli di Guzzanti, un partito panda». Guzzanti chi? «Paolo, che entra nel programma con alcune finestre. Il ritorno all'arte del vero maestro teatrale della famiglia Guzzanti». Chi presiede la giuria? «Per cominciare Sergio Rizzo, il fustigatore della casta. Da maggio Barbara Serra. Italiana, poco più di 20 anni, conduce Al Jazeera International. La contaminazione di Tetris». Poi c'è lo spazio degli illustri sconosciuti. «Sì, un angolo per chi porta il peso della crisi, chi fa un mestiere, invece di una professione. Sono i marziani che entrano nei salotti blindati della politica. Comincio con Mario, meccanico, officina Agip in Corso Francia, uno che ha conosciuto Enrico Berlinguer ed Enrico Mattei. Sogno di portare anche la mitica casalinga di Voghera, la sto cercando». Lei rivendica l'indipendenza. È sincero? «Non sarò equidistante ma equiferoce. Invece l'editore di riferimento di Fabio Fazio è l'ospite che ha di fronte. Di Vespa il Governo. Di Floris il Veltrusconi. Si salva Ilaria D'Amico con Exit. Non a caso non viene dal mondo della politica e il suo programma va bene». Lei a che share punta? «L'obiettivo iniziale è il 2/3 per cento, da programma di seconda serata. Ma siccome cominciamo alle 21, mica male se arrivassimo al 4».