Bedeschi: la democrazia? In Occidente è nata davvero con il cristianesimo
CarmineMastroianni In un classico della teoria politica pubblicato nel 1871, Prospettive democratiche, il poeta Walt Whitman scriveva: "Spesso abbiamo stampato la parola Democrazia. Eppure non mi stancherò di ripetere che è una parola il cui senso reale è ancora dormiente perché deve ancora essere messo in atto". Ne abbiamo discusso con il professor Giuseppe Bedeschi, ordinario di Filosofia Morale a "La Sapienza" di Roma e direttore della collana laterziana "I pensatori politici". Partiamo da una domanda banale, ma complessa: cosa è oggi democrazia? Quelle condizioni preliminari e necessarie che fanno sì che essa esista: la libertà di pensiero, la libera associazione politica e sindacale, libere elezioni. Tra i relatori della "Biennale Democrazia" 2009 c'è anche il filologo Luciano Canfora. In "La Democrazia. Storia di un'ideologia" sostiene che in Italia quelle "condizioni preliminari" a cui lei accennava sono in parte venute meno. È vero? Canfora sostiene una tesi a dir poco incredibile: un intreccio tra politica e televisioni private che garantirebbe, con opportune manipolazioni, la vittoria di una parte politica sull'altra. Una forma sofisticata di fascismo. È così? Affatto. L'Italia è tra i paesi più liberi del mondo con una pluralità di informazione che mette tutti nelle stesse condizioni di fronte all'opinione pubblica. Se mai un pericolo viene dalle coalizioni politiche. Abbiamo visto l'Unione di Prodi paralizzata dai dissensi e dalle liti, mentre il Popolo della Libertà subisce i diktat di Bossi. Occorre pertanto riaprire il discorso sulle riforme costituzionali. La tanto discussa riforma della Costituzione. Non può rappresentare a medio o lungo termine un rischio per la nostra democrazia? Tutte le forze politiche si riconoscono negli ideali democratici della Costituzione, pertanto ci si può avviare verso un sereno ripensamento di alcune parti di essa, molte delle quali sono nate già vecchie. Vale a dire? Pensi al bicameralismo perfetto: è un'anomalia tutta italiana che causa la lentezza del processo deliberativo e depaupera il Capo del Governo di qualsiasi potere, tanto che trova difficoltà persino a revocare l'incarico ad uno dei suoi ministri. Questo non può esistere in una moderna democrazia. Lei ha scritto un fortunato saggio: "Storia del pensiero liberale". Il liberalismo cos'ha in comune con la democrazia? Sono due cose diverse ma legate. Il liberalismo si incentra sull'individuo e la sua libertà, la democrazia sul singolo inserito nella collettività. Tuttavia come diceva lo studioso Guido De Ruggero quando sono garantiti il suffragio universale, i diritti politici, sindacali e sociali, allora liberalismo e democrazia convergono. Il liberalismo inoltre riguarda anche l'agire economico del singolo e pertanto implica libera impresa e libero mercato che sono il fondamento delle democrazie liberali. Eppure libera impresa e libero mercato hanno prodotto una crisi senza precedenti. Ha fatto male, specie negli Usa, il mancato rispetto delle regole, che ci sono, e da tempo. Non è la crisi del capitalismo, come è stato detto, ma delle regole che dovrebbero presiedere a ogni sistema democratico. Quando realmente l'avvento di un sistema democratico in Occidente? Quando si è avuta la rivoluzione del Cristianesimo con cui - come affermava il genio filosofico di Hegel - si è realizzato quel concetto di universalità e uguaglianza del genere umano sconosciuti sia nell'Atene di Pericle sia nella Roma di Cicerone. Non è un caso che anche il padre del pensiero liberale, l'inglese John Locke, era un convinto cristiano. Da molti la Chiesa è additata come reazionaria, un ostacolo alle libertà del singolo e alla democratizzazione laica dello Stato. I valori religiosi, specie quelli cattolici, sono un patrimonio della nostra società e del suo sistema democratico; la sola idea della sacralità dell'individuo è fondamentale in un mondo sempre più complesso ed evoluto in cui il singolo rischia di essere annullato.