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Ascanio Celestini, flusso di coscienza e ricordi in libertà

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C'è molta attesa per l'approdo di Ascanio Celestini, stasera alle 22.30 al Forte Prenestino, con il suo spettacolo di racconto e intrattenimento «Parole e musica live» con cui il cantastorie di Morena, classe 1972, sa incantare le platee nazionali attingendo a fatti autentici della cronaca maggiore e minore, tenendo desta la memoria del passato e interpretando le esigenze del presente. Tutto è cominciato per caso e per gioco come lui stesso ama ripetere e ripercorrere con parole naturalmente scaturite da un flusso a ritroso di inconsapevole coscienza. «Mi chiamo Ascanio Celestini, figlio di Gaetano Celestini e Comin Piera. Mio padre rimette a posto i mobili, mobili vecchi o antichi, è nato al Quadraro e da ragazzino l'hanno portato a lavorare sotto padrone, in bottega a San Lorenzo. Mia madre è di Tor Pignattara, da giovane faceva la parrucchiera da uno che aveva tagliato i capelli al re d'Italia e a quel tempo ballava il liscio. Quando s'è sposata con mio padre ha smesso di ballare. Quando sono nato io ha smesso di fare la parrucchiera. Mio nonno paterno faceva il carrettiere a Trastevere. Con l'incidente è rimasto grande invalido del lavoro, è andato a lavorare al cinema Iris a Porta Pia. La mattina faceva le pulizie, pomeriggio e sera faceva la maschera, la notte faceva il guardiano. Sua moglie si chiamava Agnese, è nata a Bedero. Io mi ricordo che si costruiva le scarpe coi guanti vecchi. Mio nonno materno si chiamava Giovanni e faceva il boscaiolo con Primo Carnera. Mia nonna materna è nata ad Anguillara Sabazia e si chiamava Marianna. La sorella, Fenisia, levava le fatture e lei raccontava storie di streghe». Comincia parlando di se stesso e della sua famiglia, delle abitudini di gente semplice che osserva la vita nella sua quotidiana concretezza senza porsi troppo domande. Il viaggio verbale diviene col tempo un'affabulazione che avvolge e trascina, affrontando argomenti che riguardano tutti e appartengono alla vicenda umana, civile e sociale di ogni spettatore. È già accaduto con «Cicoria» o con la trilogia «Milleuno», in «Radio clandestina» o in «Fabbrica», in «Scemo di guerra» o con «La pecora nera», fino ad «Appunti per un film sulla lotta di classe» e «Parole Sante».

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