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Serricchio, versi tra terra e cielo

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La musicalità del verso scinde felicità e dolore. Una voce doppia alterna momenti aulici, contemplativi, ad altri più riflessivi, visionari ("Oltre la solarità in ombra / e gli smeraldi cupi del mare, / piega il tuo cuore quaggiù, / Signore, ascolta il grido / e in un istante / spalanca il mondo intero"). Il tempo che invecchia, che rinvia, che fa paura, consente a Serricchio di rivisitare tra alberi e cieli, gabbiani e nuvole, il passato e le sue impronte profonde. Tra malinconia e speranza che si bilanciano nella prossimità di uno smarrimento, il suo sguardo rimane sempre delicato, affettivo. Un senso creaturale invade la pagina, come una serena immagine del paesaggio pugliese, delle stelle notturne (stelle comete, potremmo dire, perché sembrano profeticamente indirizzare voci e sguardi). Un interrogativo risuona alto, solenne: la bellezza vince la morte? La domanda non svela neppure implicitamente la risposta, e il mistero abbraccia lo stupore quasi infantile ("Dove sei? Qui tra le braccia ti cerco / e non si ferma il ruotare del cielo").

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