Pizzoccheri: da Teglio alla conquista della Capitale
Uomini come Vincenzo Grazioli che nel 1779, all'età di soli nove anni, abbandonò la valle, per stabilirsi al Rione Monti dove fu «orzarolo» (predecessore dei moderni supermercati ndr) e poi barone, nobile romano, duca, ma soprattutto proprietario del Palazzo in cui, oggi, vive il premier Silvio Berlusconi. Ora, a rafforzare quel legame, arriva la cucina. Anche se forse la definizione e riduttiva. Perché i pizzoccheri sono qualcosa di più di un piatto tipico. Quelle «tagliatelle» di farina di grano saraceno (con una parte di farina bianca), servite con patate, verze, burro fuso e formaggio, sono un patrimonio dei valtellinesi. Al punto che già nel 1584 Ortesio Landi, nella sua opera Catalo dell'inventario delle cose che si mangiano, et delle bevande c'heggedì s'usano, scriveva: «Meluzza comasca fu l'inventrice di mangiar lasagne, maccheroni con l'aglio, spetie et cacio, di costei fu anche l'inventione di mangiar formentini, lasagnuole, pinzocheri, vivarmolo». Capitale del pizzocchero è, senza ombra di dubbio, Teglio. È lì che viene custodita la ricetta originale: dall'impasto alla cottura. Regole codificate su cui vigila Rezio Donchi presidente dell'Accademia nata nel 2001 per «intraprendere ed incoraggiare tutte le iniziative che possono contribuire a valorizzare ed accrescere la conoscenza dell'enogastronomia valtellinese anche come espressione di costume, di civiltà e di scienza». Proprio l'Accademia del pizzocchero di Teglio ha celebrato, lo scorso 31 marzo, una serata speciale presso il ristorante La Scala in viale dei Parioli a Roma, locale gestito da persone di origine valtellinese che da anni vivono nella Capitale. Tra uno sciatt (frittelle di grano saraceno ndr) e una fetta di bresaola, tra un pezzo di bitto d'annata e una bisciola (dolce valtellinese per eccellenza ndr), tra un goccio di Valtellina Superiore e uno di amaro Braulio, i presenti hanno potuto gustare dei pizzoccheri doc. E, per una volta, non si è trattato di una semplice dimostrazione ma di una vera e propria serata di formazione. La «scarellatrice» dell'Accademia, la donna cui è demandato il compito di impastare e quindi di custodire la tradizione, ha rivelato i propri segreti ai cuochi de La Scala che, d'ora in avanti, offriranno ai propri clienti, unici a Roma, la ricetta originale valtellinese. Chi non avesse voglia di uscire di casa può comunque visitare il sito www.accademiadelpizzocchero.it dove troverà tutte le indicazioni per cucinare un ottimo piatto di pizzoccheri. Per gli ingredienti basta rivolgersi ai negozi specializzati. In fondo, trovare un angolo di Valtellina a Roma, non è poi così difficile.