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Il racconto è fragile quanto la democrazia

E' di Giuseppe Primoli questa fotografia dedicata al comizio del primo Maggio 1891 nella capitale

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Invitato a organizzare una tavola rotonda in quell'ambito, ho proposto il tema: "I racconti della democrazia", che ha ricevuto numerose proposte di relazioni; leggendone però i titoli e gli estratti, mi è parso di veder sorgere la possibilità di un equivoco. Usando il termine "racconto", infatti, volevo evocare qualche cosa di fittizio, qualche cosa sul quale è lecito anzi necessario nutrire sani sospetti; volevo insomma suggerire che la categoria del "racconto" è quasi altrettanto ambigua di quell'altra categoria fragile: "democrazia". Ma per il momento mi sembra che la tendenza predominante nelle relazioni annunciate sia quella di analizzare casi i cui valori siano presentati come indubitabili ed edificanti. Le molteplici sfaccettature degli interventi effettivi dimostreranno assai probabilmente che ho torto in questa previsione. Ma vorrei spiegare che la mia preoccupazione non è una pedanteria. Stiamo vivendo un momento difficile per le scienze umane negli Stati Uniti, o almeno per quel settore di esse che è l'italianistica moderno-contemporanea: in tale ambiente, quell'aspetto essenziale del sistema democratico che è il dibattito fra idee veramente diverse risulta in piena crisi, e vige una sorta di pensiero unico. Per esempio, il convegno recentemente concluso in una delle maggiori università nell'area di New York, e intitolato "Denuncia: Speaking Up in Modern Italy" ha avuto il merito se non altro di portare abbastanza brutalmente alla luce quello che in altri casi, pur essendo presente, non è immediatamente evidente. Il programma del convegno spiegava che esso "interroga le dinamiche del potere, adottando vari registri di protesta: opposizione, disapprovazione, critica, condanna e attivismo". Si sarà notato che l'unico termine che rappresenta il mondo della ricerca ("critica") viene sepolto tra parole che descrivono più appropriatamente un comizio, così che anche questo termine rischia di essere degradato: da critica nel senso di "analisi dialetticamente articolata" a critica nel senso di "giudizio negativo, biasimo, censura". A questo punto, per non imitare il tono un po' troppo ovvio di quel convegno che assomigliava piuttosto a un congresso politico, non menziono nemmeno il nome della personalità appunto politica che è servita da icona-bersaglio; tanto, lo si sarà già capito benissimo. Ma proprio questo è (dovrebbe essere) il problema: i cosiddetti dibattiti, simposi e simili in cui si capisce subito come andrà a finire, non solo sono poco democratici, ma rischiano di non essere nemmeno divertenti.

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