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«Mali assoluti», figli del Novecento

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IncontroErnst Nolte, di passaggio a Roma, e approfitto per porgli qualche domanda in merito alle sue riflessioni storico-filosofiche di oggi sul secolo passato. Un esito del secolo passato può essere il concetto di distruzione del pensiero politico? «Se pensiamo che l'epoca dell'impegno intellettuale sia caratterizzata da un mondo di riflessioni politiche e da una cultura basata sulla libertà di pensiero intesa a creare uno spettro di sforzi finalizzati alla comprensione del presente, allora possiamo affermare che le ideocrazie del XX secolo non si basavano affatto sulla libertà di opinione e di ricerca. Dette libertà sono state distrutte fin dal principio da un'ideologia onnipotente sia in Russia che in Germania e in parte anche in Italia. Dopo la fine dei regimi totalitari negli anni 1943-45 e 1989-91, il "mondo del pensiero politico" nell'"Occidente libero" è stato influenzato dal fatto che il tracollo dei sistemi nazionalsocialista prima e comunista dopo erano stati percepiti in modo eccessivo e positivo. Il rischio era che potesse nascere una "pensée unique" che in Germania si sarebbe trasformata in una mitizzata maledizione totale del nazionalsocialismo come "male assoluto". In Germania, le possibilità per un nuovo inizio non sono delle migliori fin a quando prevarrà la convinzione che ogni principio che contenga anche il nazionalsocialismo porterebbe ad una sua rinascita (fenomeno giustamente combattuto)». Esiste oggi un residuo del pensiero politico che è culminato nel XX secolo? «L'apice del pensiero politico nel XX secolo è stato raggiunto grazie alle teorie sul totalitarismo liberale messe a punto da Hannah Arendt, C.J. Friedrich, Brzezinski, Voegelin e atri ancora. Nonostante abbiano avuto molto successo dopo il 1945 e il 1991, subito dopo sono state criticate duramente, in particolare dai rappresentanti del pensiero "utopico"». Che valore ha oggi la parola Utopia? «Esistono numerose utopie, come ad esempio i "romanzi statali" conosciuti fin dall'antichità. La più grande e potente delle utopie è quella che prevede che la finalità suprema dell'umanità sia quella di vivere senza l'artificio di stato, classe sociale o cultura, ma prendendo ad esempio la famiglia unita. Nell'epoca moderna si trattava dell'idea fondamentale del socialismo che fin dall'inizio si è spaccata in due formando l'ala violenta e quella riformista. Gli esseri umani che stanno vivendo nell'era della globalizzazione si rendono perfettamente conto del suo nucleo razionale. Ma quante sono le situazioni complicate ed inaspettate che ne possono scaturire? Si farebbe un grande passo in avanti se si riuscisse a considerare l'utopia come "termine di confine" che esclude una sua realizzazione completa». Sono esistiti dei fini illuminati del nazismo e del comunismo? «Secondo me, sia il comunismo che il nazionalsocialismo possedevano un nucleo razionale che purtroppo è stato estremizzato. Immaginare di ottenere da un lato una società mondiale equiparata e dall'altra la sistemazione dell'individuo all'interno di collettivi come la cultura, lo Stato e gli strati sociali». Dopo il patto Molotov-Ribbentrop poteva esserci vitalità e solidarietà fra nazionalsocialismo e comunismo. Invece, c'è stato logoramento ed autodistruzione per entrambi, perché? «Il patto Ribbentrop-Molotov avrebbe avuto la sua legittimità se le potenze occidentali avessero continuato a perseguire i piani bellici contro la Russia e la Germania nazista. Io non credo che a quel punto si sarebbe sviluppata una solidarietà rosso-marrone». Qual era il concetto del male nel 1939 e nel 1945? «Per i comunisti da molto tempo e a partire dal 1939 "il male" era rappresentato dal capitalismo e per i nazisti "il male" erano gli ebrei. Entrambi i regimi ebbero la tendenza a cadere nella dimensione metafisica del "male assoluto". Per le forze alleate, a partire dal 1945, il male era rappresentato dalle tendenze "antidemocratiche". Gli occidentali hanno riscoperto il male nel comunismo ma non era il "male assoluto" come lo era "la soluzione finale degli ebrei" e i nazionalsocialisti». Qual era il concetto di salvezza nel 1939 e nel 1945? «Per i comunisti la salvezza era rappresentata da una società mondiale senza classi e senza stato. Dopo il 1945 e in accordo con gli Stati Uniti, la salvezza era la "democrazia mondiale"». Allora, quale era la falsificazione comunista del bene, e quale la falsificazione nazista del bene? «In entrambi i casi, questa falsificazione fu il superamento e l'estremizzazione del "nucleo razionale"». Oggi: c'è un oblio pagano del comunismo? «L'opinione pubblica occidentale, tranne poche eccezioni, non percepisce più o rimuove la "rottura culturale" della rivoluzione bolscevica». Oggi: c'è un oblio ebraico del comunismo? «La collaborazione degli ebrei alla rivoluzione bolscevica è stata completamente dimenticata o rimossa. Questa circostanza è dovuta al fatto che i nazisti hanno sempre accentuato molto questa tesi discutibile». Ed anche, c'è una memoria ebraica del nazismo? «Questa circostanza inoltre viene strumentalizzata anche per gli obiettivi dello stato d'Israele, dichiarandolo come antisemitismo». E come si differenzia dalla memoria cristiana del nazismo? «Se il ricordo cristiano del nazionalsocialismo si rifà all'esempio di Pio XII, il ricordo del comunismo è altrettanto forte. Se questo ricordo si collega alla "correttezza politica" che al giorno d'oggi va così di moda, allora coincide i gran parte con l'interpretazione comunista».

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