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Quando amicizia fa rima con poesia

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Angelo, un carrozziere con la moglie, due figli e un terzo in arrivo, vive a Roma in un quartiere periferico. Alberto, sceneggiatore in crisi, anche sentimentale, vive in un quartiere borghese. Entrambi, la stessa notte, hanno un infarto e vengono ricoverati nella stessa corsia d'ospedale, i letti vicini. Sono molto diversi l'uno dall'altro, ma a poco a poco, con quel destino in comune e con quella vicinanza obbligata, diventano amici. Tanto che, una volta guariti, Alberto, definitivamente distaccato dall'amante di turno, va a vivere in casa di Angelo, subito prodigo di attenzioni per sua moglie e per i suoi figli. Così quando Angelo realizzerà che la sua guarigione era stata del tutto provvisoria, agirà di conseguenza... Una storia di amicizia. Diretta, intesa, sincera, commovente. L'ha riscritta e poi rappresentata Francesca Archibugi sulle tracce di un romanzo autobiografico di Umberto Contarello intitolato appunto "Questione di cuore". Ha studiato con fine attenzione quei due personaggi al centro, ne ha analizzato fino in fondo i caratteri e le origini così diverse e ha costruito con salda maturità narrativa una vicenda in cui tutto è limpido e piano, senza nessuna concessione agli accenti forti o, peggio, al melodramma. Qua sfumando sentimenti e situazioni, là, specie tra le pieghe delle decisioni via via prese da Angelo, privilegiando addirittura il non detto, ora accettando spunti di commedia, ora asciugandoli con cifre in cui le tensioni e il dolore si fanno quasi insensibilmente in primo piano riuscendo anche a vincere con quelle qualche digressione superflua. Sostengono splendidamente l'impresa -una delle più felici della felice carriera di Francesca Archibugi- due attori che, pur fino ad oggi tra i migliori del nostro cinema, qui ci hanno dato di certo il meglio di sé: con semplicità e autorità, con calore ma anche con misura. Kim Rossi Stuart, è un carrozziere con un lieve accento romanesco che, per il suo personaggio, ricorre magistralmente a tutte le inflessioni più sottili, soprattutto di mimica, imponendosi spesso solo con uno sguardo o addirittura con un batter di ciglia. Di fronte a lui Antonio Albanese trascorre con meditatissimi accenti da una euforia solo in apparenza superficiale a una partecipazione mesta eppur generosa, disegnando con sommessa evidenza sul suo volto la realtà che intuisce e cui si adegua. Spesso, a sua volta, in silenzio.

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