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Nell'appartamento del Vate

Appartamento D' Annunzio, Palazzo Altemps

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Sulle porte color verde penicillina s'intrecciano le iniziali. Gabriele D'Annunzio e la sua sposa Maria Hardouin duchessa di Gallese, della famiglia Altemps. Lui 20 anni, lei 19. Era il suo precettore, scoccò la passione, malvista dal padre di lei. Incontri notturni a Palazzo Altemps, poi la relazione dichiarata con i versi dell'Immaginifico. «Or così fu; pe 'l bosco andavamo. Sottile / ella era e tutta bionda; su la nuca infantile / due ciocche avean que' caldi luccicori vermigli...», scrisse in «Peccato di maggio». Matrimonio a luglio 1883 nella cappella del Palazzo. Nel 1890 Gabriele e Maria si separarono. Ma non divorziarono mai. Avevano tre figli. Ora Palazzo Altemps, una delle sedi del Museo Nazionale Romano, apre al pubblico appunto l'appartamento di D'Annunzio, al piano nobile, ingresso dalla loggia interamente affrescata. Cinque sale coi soffitti a cassettoni, trompe l'oeil, stucchi, statue sui sovraporta. «Forse il Vate non le abitò mai, ma la residenza fu sistemata appositamente per lui», dicono Matilde De Angelis D'Ossat e Alessandra Capodiferro, direttrici del museo, che hanno illustrato la conquista dei nuovi spazi con il sovrintendente Angelo Bottini e il sottosegretario ai Beni Culturali, Francesco Giro. Dunque, nelle stanze di D'Annunzio ora è sistemata la raccolta egizia, opere tirate fuori dai magazzini ma anche appena ritrovate sottoterra, a dimostrare - osserva compiaciuto Giro - un'ottica nuova, fattiva, nella gestione del nostro patrimonio artistico. Sono statue, bassorilievi, basi di colossi in parte venuti dall'Iseo Campense, dalla zona di Campo Marzio, enclave del culto egizio che contagiò la caput mundi. Come una sfinge, un frammento di leone, un rilievo con le divinità di Horos e Osiride (IV-III secolo avanti Cristo) provenienti da via Santa Caterina, o una testa virile trovata tra via del Seminario e Piazza San Macuto, nel Convento dei Domenicani. Le teste dei sacerdoti isiaci hanno il cranio rasato e una cicatrice a forma di croce sulla testa, segno dell'appartenenza al clero (I secolo dopo Cristo). Un'Artemide Efesia, rinvenuta appena due mesi fa da scavi in via Marmorata (II secolo d. C.), ha trovato rapido restauro e collocazione. Una doppia statua in porfido (alla maniera egizia, con la figura principale e, in miniatura, la «spalla») raffigura Cesarione e la madre Cleopatra ed esce finalmente dai depositi, dopo essere stata in mostra ad Amburgo. Ed è tutta una scoperta il ritratto di Settimio Severo, capigliatura a ricciolini, «esattamente come il Dio Serapide, a carpire la benevolenza dei maggiorenti dell'esercito, convertiti ai culti egizi», spiega la De Angelis. Nella sala più grande la Collezione Mattei, un tempo a Villa Celimontana, tra l'altro con i ritratti di Cesare e Vespasiano. L'apertura dei nuovi ambienti durante la Settimana della Cultura (18-26 aprile). «Poi la carenza di personale ci costringerà ad aperture domenicali e, durante la settimana, solo a visita guidata a orario», dicono le responsabili del museo.

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