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Dylan tra amore e morte

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Bob Dylan

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La voce è trasparente e impenetrabile come quella di un lupo che abbia visto tutte le stagioni trascorrergli davanti agli occhi. Cosa percepisca, ce lo racconta così: «Sono un mistico. È stata la terra a crearmi: le correnti, le foreste, gli immensi spazi vuoti. Sono selvaggio e solitario. Persino quando attraverso le città, sento di essere più a mio agio nelle vastità più desolate. Vivo d'avventura, più che nelle relazioni. Però amo l'umanità, la verità, la giustizia». Eccolo, Dylan. Metà animale metà profeta: è arrivato a quel punto in cui la consapevolezza diventa un messaggio per sottrazione, un enigma, un monito, e sempre comunque una visione. A 68 anni, trova la strada a ritroso per cantare il mistero americano come fossimo ancora a metà del Novecento, tra la polvere che brucia la gola, l'asfalto che promette miraggi, le rotaie che ti costringono ad andare dove forse non vorresti più. Come se lui, Bob il vecchio lupo, facesse autostop nel deserto, insieme a Kerouac e Muddy Waters. Questo suo nuovo album, "Together through life", sembra immerso nel fonte battesimale del blues d'epoca, lì dove gli "spazi vuoti" del suono echeggiavano sentimento e malinconia. Spiega lui: «Adoro il mood di quei dischi, l'intensità, il potere e la suspence che trovavi dentro quella musica così spogliata di tutto. Quella vibrazione tanto profonda che sembra arrivare dal centro della tua testa e si pianta lì, come un mal di denti». È un lavoro, questo nuovo (uscirà il 24 aprile), apparentemente meno ponderato del suo più recente capolavoro "Modern times", ma come quello permeato di saggezza, dell'ineluttabilità della vita che ti trascorre addosso e l'unica cosa che puoi farci è non chiederle troppo né mortificarla. Dylan ripete a chi lo interpella che «i sogni possono portarti in un vicolo cieco», e allora lui prova a non coltivarli, poi cede e li ritrova davanti a sé, intatti. Gira in tondo nel tempo della memoria e inventa nuove storie, spesso permeate di violenza e inquietudine: il protagonista di "If you ever go to Houston" si inoltra in Texas nel periodo della guerra con il Messico, e dovrà tenersi le sue pistole ben strette al cinturone, mentre invita una ragazza a recitare per lui la "Preghiera del Peccatore", e sembra una pagina strappata a un qualche romanzo della frontiera di Cormac McCarthy, giocata sull'ossessione di due accordi e di un'armonica; in "My wife's home town" c'è una donna che invita il suo uomo a uccidere qualcuno, e questa è una canzone che Dylan firma insieme (come omaggio alla memoria e all'ispirazione) al leggendario bluesman Willie Dixon, morto ormai da 17 anni. Ancora, dentro "It's all good" si aggira uno spietato assassino. Nella poderosa "Jolene" vediamo qualcuno caricare di munizioni un revolver da due soldi, quello che nello slang Usa viene indicato come un "Saturday Night Special". Eppure, anche se nell'aria si fiuta l'anticipazione di un dramma, il cuore che batte per amore può riscattare tutto, come nelle struggenti "This dream of you" o "Forgetful heart", ballate country folk che sembrano far da corona all'elegiaca "Life is hard", scritta per la colonna sonora del nuovo film di Oliver Dahan, "My own love song", storia della liaison tra una cantautrice paralizzata e il suo accompagnatore. Cosa vede baluginare Dylan, tra i confini di amore e morte? Forse nulla, ma non assapora mai la disillusione fino all'ultima goccia. La sua arte gli serve da ristoro, non può essere veleno. Canta: «Oltre questo punto non c'è niente", ma la sua "Beyond here lies nothing" è sontuosamente metallica, incandescente e così sexy che ti vien voglia di scoprire quale diavolo di tesoro ci sia nascosto, oltre la collina. E "I feel a change comin' on" è la canzone sospetta di "impegno", come sempre con Dylan. Che però sottolinea: «Obama? Non sono così sicuro che sarà un grande presidente. Guardate Lyndon Johnson...ma anche Nixon, Clinton, Truman e tutti gli altri. Volano tutti troppo vicini al sole e si scottano le ali». Bob invece non si fida del cielo, o del vento in cui si perdono troppe risposte. Stasera canterà forse qualcosa del suo nuovo repertorio a Milano, poi venerdì sarà al Palalottomatica di Roma e sabato a Firenze. Sarà sul palco per la nuova tranche italiana del "Neverending tour", che lo vede in giro dal 1988. Quasi sempre elusivo, borbottante, disincantato. Poi d'improvviso piazza la zampata del vecchio lupo, e ti ricordi chi hai davanti.

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