«La Storia? Non deve essere spettacolo»
IncontriamoValerio Castronovo per raccogliere le sue idee che lo hanno portato a creare un «rivoluzionario» manuale di storia. La sua ultima opera è un manuale ad uso dei licei, «Un mondo al plurale», qual è il suo senso? «La molteplicità, la non linearità, l'interdipendenza, la complessità non sono il frutto solo dei recenti fenomeni di globalizzazione, ma hanno da sempre caratterizzato le diverse società. Il divenire storico è segnato in diversa misura e con implicazioni ambivalenti da una molteplicità di attori e di soggetti, di eventi e fenomeni. Le istituzioni politiche, le strutture economiche, le culture e i sistemi sociali non si sono evoluti lungo una sequenza lineare di fasi in un percorso univoco e rettilineo, ma al contrario lungo tracciati diversi e ramificati, discontinui e con risvolti ambivalenti. Nessuna "mano provvidenziale", nessun principio di razionalità assoluta, come pure nessuna legge materialistico-dialettica, possono quindi fornire una spiegazione valida ed esauriente della storia dell'umanità. Questo risulta tanto più evidente allorché si ha a che fare con il Novecento, intossicato da dittature e utopie. Sulla comprensione del XX secolo incombe inoltre il rischio della spettacolarizzazione della storia come una delle forme di intrattenimento per il pubblico da parte dei masse media». A guidarla è stata la convinzione che la ragion d'essere della storia non consiste solo nella conservazione della memoria ma anche nell'educazione e all'esercizio critico? «La storia non può essere compresa appieno se non la si vede nella sua reale complessità e nella sua intrinseca problematicità, irriducibile a interpretazioni univoche. Solo così ci può essere di aiuto, oltre che a farci comprendere da dove veniamo, anche per capire il mondo in cui viviamo e a intravedere ciò che sta cambiando e che quindi potrebbe attenderci in un prossimo futuro». Che ruolo hanno l'Italia e l'Europa in questa visione plurale? «La storia dell'umanità è una trama composta di un grande numero di fili, dato che è stata tessuta e ricucita da tante mani, con disegni e propositi differenti quando non del tutto opposti l'un l'altro; è quella che si usa definire la "grande storia", ossia tutto quanto riguarda le ideologie politiche e le lotte di potere, gli eventi e l'operato delle istituzioni pubbliche, i conflitti militari e quelli religiosi, le dispute territoriali e quelle interetniche». Una storia dell'umanità «al plurale» vuol dire che accanto alla «grande storia» c'è il vissuto su piccola scala? «La storia dell'economia e delle dinamiche sociali ha un posto di grande rilievo. Nel manuale sono ricostruite le dinamiche del sistema economico nelle varie epoche, le sue diverse congiunture e linee di tendenza, i calcoli e le iniziative dei principali gruppi di interesse che hanno influito sull'organizzazione delle società e sulle vicende politiche; senza per questo stabilire, beninteso, un rapporto automatico di causa ed effetto. Accanto all'analisi delle vicende economiche nei momenti di sviluppo come di crisi, compare una "storia dell'umanità al plurale", che intende restituire voce e spessore alla folla anonima di quanti non contavano, ma la cui opera è stata tuttavia importante nell'evoluzione della società e talora determinante per i mutevoli equilibri fra continuità e cambiamenti. Viene perciò riportata alla luce anche l'esistenza quotidiana delle diverse generazioni che si sono avvicendate sulla scena nel corso del tempo, per dare un'idea di quali fossero sia le loro condizioni di vita che le loro concezioni preminenti: dagli abiti mentali ai modelli di comportamento, dall'immaginario collettivo alle credenze popolari, dei rapporti fra uomo e donna alle strutture familiari e di parentela, dall'intreccio fra sacro e profano alla sensibilità religiosa, dalle culture materiali ai mestieri, dalle feste ai costumi e al folclore». Il termine revisionismo è applicabile ad ogni storico oppure è giusto limitarlo, come per Ernst Nolte ed per la sua lettura particolare dei fenomeni nazionalsocialista e comunista? «Nolte ha un punto di vista sulla storia dei totalitarismi del XX secolo molto soggettiva e che io non condivido. Questo non significa che il termine revisionista, che applicato a lui, ha avuto una sfumatura riduttiva e forse critica. In effetti, è un termine che si può applicare senza altro in maniera meno negativa ad ogni storico, in quanto rientra nella funzione dello storico riesaminare e reintegrare le vicende della storia alla luce di nuovi documenti, testimonianze, consapevolezze».