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L'arte moderna già vola oltre la crisi

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GabrieleSimongini «Finalmente non si vende più un quadro!». Prendendo spunto ironico dalla crisi economica il gallerista Pio Monti ha riempito un'intera parete del suo stand al Palazzo delle Esposizioni con questa grande scritta verde. E ha lasciato il resto del suo spazio praticamente vuoto. E certo gli è costata cara una scelta simile, poiché ogni metro quadrato di quello stand è stato pagato ben 480 euro, con una richiesta tra le più alte in Europa. Benvenuti dunque alla seconda edizione di «Roma - The Road to Contemporary Art», la fiera internazionale d'arte contemporanea inauguratasi ieri in sette prestigiose sedi del centro storico ed aperta al pubblico da oggi al 5 aprile. Quest'anno la manifestazione fieristica, o meglio questo «particolare progetto», come lo definisce il suo direttore Roberto Casiraghi, ha il sostegno deciso del Comune tramite l'Assessorato alla Cultura guidato da Umberto Croppi che ha stanziato per l'occasione 200.000 euro oltre a fornire il sostegno logistico per le sedi. Una fiera che costa oltre un milione di euro. Lo stesso Croppi, durante la presentazione dell'evento, ha invitato «la città e le imprese a sostenere la fiera per farla diventare una manifestazione stabile». E Casiraghi ha concluso il suo intervento con accenti addirittura commossi nel ricordare le innumerevoli difficoltà organizzative, dichiarando poi apertamente che se si vuole pensare ad una terza edizione sarà necessaria una più forte partecipazione istituzionale con relativo impegno economico. Cosa che pare assai difficile e discutibile. Il Direttore della Fiera ha snocciolato anche le cifre di un sondaggio secondo cui per ogni euro investito in cultura ne rientrano ventuno dal punto di vista dell'indotto economico. Per seguire tutti gli eventi proposti gli appassionati d'arte contemporanea dovranno sottoporsi ad un vero e proprio tour de force nel centro storico. Sessantuno gallerie internazionali (con molte defezioni eccellenti, però) sono divise in tre sezioni: quelle consolidate, storiche, e una selezione di spazi giovani vanno in scena al Palazzo delle Esposizioni (belli fra gli altri gli stand di Marchetti con Accardi e Turcato, di Campaiola con Balla, Afro e Vedova) e a Palazzo Venezia, mentre quelle giovanissime le troviamo nel Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia. Una vivace patina culturale è offerta alla fiera da cinque mostre collaterali, coordinate da Danilo Eccher. A Palazzo Barberini in «Cose mai viste» è presentata l'arte collezionata dagli artisti, una mostra curata da Achille Bonito Oliva. E così si scoprono un Balla futurista nella raccolta di Schifano e un intenso disegno di Licini in quella di Mimmo Paladino. Chi vuole essere travolto da un'orgia spesso discutibile di video, light box, fotografie e ricerche che si proclamano sperimentali vada ai Mercati di Traiano e a Santo Spirito in Sassia, alle mostre «Solo al buio» e «Senza rete». La giovane creatività dell'area mediterranea è presentata a Palazzo Rospigliosi, mentre gli artisti delle Accademie straniere a Roma espongono al Tempio di Adriano. Da questo itinerario si esce con non sconcerto ripensando a quanto ha detto Casiraghi: «L'atto supremo dell'arte è la vendita». Strano, pensavamo che l'obiettivo più alto dell'arte fosse quello di offrirci una visione diversa del mondo, spalancandoci davanti agli occhi inedite aperture immaginative.

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