Il mio Macro, cittadella del contemporaneo
«Roma ha voglia di contemporaneo, esporre qui ora è sentito come un fatto importante. Luca Massimo Barbero, dal 23 marzo ufficialmente direttore del Macro di Roma, pro domo sua? Mica tanto, se è vero che la caput mundi da qualche anno ospita Road Contemporary Art (al via oggi), che vi è arrivato con la sua galleria Larry Gagosian. E che l'assessore alla Cultura del Comune Croppi ha fatto dell'attenzione al contemporaneo uno leit motiv. Barbero, torinese, 46 anni («non chiamatemi giovane» pretende), intenso lavoro al Guggenheim di Venezia, estroverso (fa cinema, foto, viaggi), coinvolgente parlatore, prende in mano il Macro, negli spazi dell'ex Birra Peroni di via Emilia, che è ancora mezzo cantiere per l'ampliamento di diecimila metri quadrati avviato tre anni e mezzo fa. «Ci vuole almeno un anno per aprire un museo, non credo ai tagli dei nastri. Ma per me è importante quello che c'è già», dice caricato il successore di Danilo Eccher. E comunque, in attesa del «nuovo Macro» - perché Barbero rifiuta l'idea che gli spazi in fieri siano un'aggiunta - c'è da progettare tanto per «ridare sangue» alla mai davvero decollata. Idee chiare e, quel che è bello, attente al patrimonio della raccolta e della città. Senza la smania di eventi modaioli. «Cittadella, fortezza aperta, luogo per molteplici e continuative attività», questo il Macro che vuole. «Possediamo una mediateca - esemplifica - di 200 video d'arte, una biblioteca, un tavolo gigante con computer. Ecco, diventerà punto di riferimento per studenti, accessibile con un tesserino». E poi ci sono le opere, «una collezione con dei buchi intorno». E cita «La donna incinta di Pino Pascali, il San Sebastiano di Leoncillo, un De Maria di tre metri e mezzo. Insomma un nucleo di tutto rispetto, che permette di entrare nelle radici dell'arte a Roma, datate attorno al 1958». Opere base alle quali aggiungere una serie di comodati con privati («Ci potrebbero essere un Fontana e un Paolini già il 16 maggio, in occasione della notte dei musei, quando il Macro riaprirà dopo breve risistemazione»). Ma, ripete Barbero, «non sono patito dei nomi ad effetto. Invece bisogna esporre i giovani, quelli veri, che fanno officina, e sbagliano». Magari aprendo loro le due foresterie, inedito laboratorio. Gli orari di visita? Meglio allungarli alla sera, e lasciare la mattina alle scuole. A proposito di scuole, ci vogliono «corsi di formazione per gli insegnanti e visite consapevoli per i ragazzi». Infine, il cantiere. «Con l'architetto Odile Decq pensiamo a un percorso tutto aperto, ai due corpi perfettamente integrati. E sulla terrazza eventi di notte. Ho ottenuto che i muri dei palazzi intorno siano tutti dipinti di bianco». Lo scoglio dei finanziamenti? Quantifica Croppi: «Nel bilancio 2009 abbiamo un milione e mezzo, la precendente amministrazione aveva indicato per il nuovo Macro la cifra di sei milioni, ma senza dire dove li avrebbe presi. La via d'uscita è una Fondazione, entro un anno». Quando si terranno a battesimo insieme, si spera, Macro e Maxxi, ovvero l'arte di oggi nelle raccolte di Comune e Stato.