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Se il tempo che fu torna con il volto di Isa Bellini

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Appartienea un'altra generazione e addirittura a un altro mondo. Quello degli italiani che sfidavano la sorte affrontando Paesi e culture diverse in cerca di fortuna, come fece il padre fornaciaro, emigrato con la famiglia in Francia. Ma anche quello di un'Italia che avrebbe presto dovuto affrontare le privazioni della guerra e la discriminazione delle leggi razziali. Le stesse che avrebbero imposto alla giovane Isabella Calò di cambiare il proprio cognome di origine ebraico per consegnarsi alla gloria del palcoscenico con quello di Isa Bellini. Un nome che il pubblico aveva sentito risuonare per la prima volta dai microfoni dell'Eiar tra i vincitori di un concorso per interpreti della canzone italiana indetto nel 1940. Finendo per amarlo come quello di un'autentica diva nel corso di una carriera punteggiata di successi teatrali, cinematografici e televisivi. Una carriera che oggi la simpatica signora, all'età veneranda ma non doma di 88 anni, affida a un testo da lei scritto e interpretato, in programmazione al Teatro Argot fino al 10 aprile col titolo «Comincio da mia nonna». Dove, lontano da ogni nostalgico accento, non esita a prodursi in qualche passo di danza per rievocare fra chiacchiere, canzoni e risate il tempo che fu. Ecco allora il ritratto di una nonna terribile e assai simpatica, gli anni tragici della guerra e il caleidoscopico mondo del varietà, coi suoi ballerini, comici acrobati e cantanti. Dove, accanto al Trio Primavera, formato insieme a Thea Prandi e Wilma Mangini, ricorrono i nomi di Nino Manfredi, insieme a lei nel gioco radiofonico «Il Labirinto», e di Vittorio Gassmann, con cui girò il film «Senza famiglia, nullatenenti, cercano affetto». E soprattutto quello di Totò, suo compagno nel film «L'allegro fantasma», e di Anna Magnani, ricordati con una serie di divertenti aneddoti nella sempiterna lotta all'ultimo sangue per strappare l'ultima risata. Mentre, sulla trama sottesa della storia, rivive il ritratto di una Roma ormai scomparsa e di un'Italia un po' ingenua, capace di appassionarsi, sulle tappe del «Giringiro», alla voce di un'appena scoperta televisione.

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