La Storia, scienza inafferrabile tra guerre e gesti quotidiani
Incontriamoa Parigi, all'Ecole Des Hautes Etudes en Sciences Sociales Sorbona, dove insegna, lo storico Marc Ferro, direttore della prestigiosa rivista "Les Annales". Ha appena festeggiato i cento anni del decano: Claude Levi Strass, antropologo, fra i fondatori della rivista. C'è in corso un convegno su storia e i media. "La maggior parte delle persone non vive nella Storia, nell'attualità: vive la propria vita. Questa è la storia anonima, della gente ordinaria", così inizia a parlare Ferro. "A conti fatti, senza dubbio, solo una parte della loro propria storia sussiste, "congelata" in qualche modo, ma onnipresente. Durante il periodo tra le due guerre, per esempio, il ricordo delle trincee divenne ossessivo per i vecchi combattenti; per loro la Storia si paralizza lì. Dopo la Seconda Guerra mondiale, per altri, ci furono i campi della morte che hanno cancellato altri avvenimenti memorabili; altrove ci furono i Gulag e i bombardamenti aerei; per altri ci fu il primo trattore. Si potrebbero moltiplicare gli esempi". "La Storia? - si chiede Ferro - Le genti la subiscono, ma è con loro che questa compone i suoi drammi, i suoi sviluppi. Si assicurano contro il furto e l'incendio, ma non si possono assicurare contro la Storia". E continua - "D'altro canto alcuni che hanno conosciuto gli stessi avvenimenti, hanno avuto un percorso incentrato sull'attualità, sulla Storia, sia perché questa partecipazione era il sangue che li faceva vivere, come i militanti, sia perché la loro professione li portava a conoscere meglio la politica, la Storia mentre si svolgeva, come gli avvocati, gli uomini d'affari, i militari, ecc…, osservatori in qualche modo brevettati. Altri ancora si sono voluti consacrare alla scienza, alla medicina, alle arti, vale a dire alle attività che si avvicinavano all'attualità, al presente: "la politica" non è per loro. Citando Jean-Pierre Melville Il Silenzio del mare, il suo film sull'anima della Resistenza: "un'artista non fa politica". Pascal Ory nel Il Piccolo Nazi illustrato (1979), ha notato che sono gli stessi gli artisti che hanno designato fumetti per l'infanzia nel giornale nazista Le Témérarie, e, dopo la guerra quelli nei settimanali comunisti o cattolici: questi artisti inoltre "non facevano politica"; ma non è la stessa voce che, sotto l'Occupazione come dopo la Liberazione, commenta le attualità Pathé? A meno che, in questo secolo marcato dalle tragedie, non siano appartenuti a regioni-provincie frontiera come l'Alsazia, o a comunità, come gli ebrei o gli zingari, tutti ostaggi del passato. Quelli che hanno creduto di vivere nella Storia, o al di fuori di questa, che hanno ignorato le onde, come quegli eterni piccoli pescatori del Mediterraneo che ha descritto Fernand Braudel, che sono stati ciechi, creduli, cinici o coraggiosi, tutti questi anonimi hanno visto che la Storia è spesso animata da un sole ingannatore, da Chiese che si definiscono spesso partiti, Stato, o ancora da credenze di cui i sociologi e gli storici cercano di comprenderne il significato, mentre invece sono scarsamente intelligibili ai più?" "Ma la Storia non è soltanto concatenazione di fatti, di circostanze percettibili e di cui la memoria conserva, o no, traccia. La Storia è costituita anche da sviluppi e da forme che non sono direttamente sensibili. Nei secoli passati, Malthus, Marx, Polanyi, per esempio, avevano individuato il rapporto tra la credenza della popolazione e la produzione di beni, la lotta di classe, le forme della dominazione, la relazione tra economia e vita sociale, ecc… questi fattori costituiscono uno dei rovesci degli avvenimenti e dei fenomeni precedenti, perché i loro effetti, il loro tempo non incrociano immediatamente la strada aperta degli individui cui non sono direttamente sensibili. Lo stesso vale per la memoria divisa, o no, tra i diversi gruppi sociali o le diverse comunità: presenta gli stessi comportamenti collettivi, in particolare i rancori che si pianificano, come il razzismo e l'antisemitismo". "Questo ultimo decennio, questi fenomeni e dispositivi, incrociati con gli effetti di un'accelerazione della globalizzazione dell'economia, dei media, ecc… hanno portato a dei cambiamenti, modificando le mentalità, gli statuti e il senso della famiglia, e assicurando da una parte un ritorno offensivo delle tradizioni dette religiose; dall'altra una traslazione dell'ideologia della nazione o della rivoluzione socialista verso quella dei diritti dell'uomo". "Si è anche modificato l'interesse per il passato. Grazie allo sviluppo delle conoscenze storiche, non sono gli stessi "fatti" ad essere presi in considerazione. Per esempio, il lavoro sulla Grande Guerra del 1914-1918 a lungo incentrato sulle sue origini, la responsabilità dei suoi inizi; dopo il sacrificio dei combattenti e l'abilità del comando hanno preso rilievo, tema che il cinema ha abbondantemente illustrato e che ha accompagnato, in Francia considerevolmente, l'interesse per la ribellione. Con la riflessione sulla Seconda Guerra mondiale e i suoi orrori è seguita un'interrogazione sull'inselvaggimento dei combattenti del 14-18, le violenze commesse e quelle subite. Questo tipo di studio ha messo in rilievo studi in cui il patriottismo, la nazione, l'internazionalismo figurano tra i principali motori di questa guerra. Questa è anche apparsa come la matrice delle crisi che seguiranno: "io ci ho voluto scorgere il totalitarismo", scrivono nel 1967, come alcuni hanno scoperto dopo la caduta del comunismo".