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Quel mostro impossibile da rappresentare

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Dalcanto suo, a Parigi, un'attrice, Clara, ha filmato un'intervista con una anziana ebrea polacca che ha perso il figlio in un campo di concentramento, Il regista, che in passato ha avuto una relazione con l'attrice, le chiede di raggiungerlo per prender parte allo spettacolo che sta provando con un piccolo gruppo di interpreti, pensando di inserirvi anche quel filmato. Presto, però, nel corso delle prove, si scontrano due concezioni opposte, non solo sul teatro, ma sul modo più adeguato per portare sulle scene un tema così tremendo come l'Olocausto. Il regista vorrebbe rappresentarlo con toni neutri, per evitare che le voci degli attori, partecipando, esprimano quello che lui, invece, ritiene inesprimibile, al di sopra, nel suo orrore, da ogni possibile commento. Clara, invece, particolarmente coinvolta dal suo filmato, anche per i legami che, a Parigi, ha finito per instaurare con quell'anziana testimone di eventi così atroci, vorrebbe che tutti recitassero in modo partecipe perché ciascuno senta sulla propria carne quello che è chiamato a manifestare. Le due opinioni tanto diverse forse, alla fine, faranno sì che quello spettacolo non si realizzi. Con una meditazione comunque sul teatro e sul cinema che il regista esordiente Jean Sarto (all'anagrafe Giancarlo Sartoretto) ha saputo spesso proporci con toni fermi, salde intuizioni visive e ritmi che, all'insegna di una meditata concezione multimediale, sanno tenersi agevolmente in equilibrio fra i due linguaggi differenti. A fianco, però, ha accettato che la sua storia, uscendo più volte da questa sottile contrapposizione estetica (e anche morale) sostasse su temi del tutto marginali, come un rapporto, ad esempio, fra Clara e un padre mai più visto da quando aveva otto anni che, pur espresso senza drammi, anzi in climi asciutti, si inserisce male tra i momenti più accesi del contesto, quasi una vicenda estranea. Nel suo insieme, tuttavia, il film ha un rigore stilistico notevole e pur dando più spazio al saggio che non allo spettacolo, si fa accogliere con rispetto. Anche per la sua cifra insolita. Nelle vesti di Clara c'è la brava Galatea Ranzi, con tutte le tensioni necessarie. Vi corrisponde, anche quando le contrasta, Vitaliano Trevisan, con voce e accenti ruvidi.

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