Il fascino di Georges Prêtre al servizio di Poulenc
PaolaPariset Mito per i più sofisticati direttori d'orchestra, mito per le orchestre più prestigiose del mondo, mito delle donne: sì, anche oggi a quasi 85 anni lo slanciato, elegante Georges Prêtre affascina il pubblico femminile delle platee concertistiche, pur se sembra non aver mai tradito sua moglie, che lo segue da 50 anni. Questa sera, nella Sala S. Cecilia del Parco della musica, Prêtre torna a dirigere l'Orchestra ceciliana dopo innumerevoli volte, a partire dagli anni '60, ed è per il pubblico sempre una grande gioia. Raffinato interprete intriso della cultura francese, innamorato del repertorio europeo che per lui si ferma a Messiaen – «Non amo interpretare i contemporanei, proprio perché spesso non c'è nulla da interpretare», ha affermato – è stato anche grande direttore di opere liriche: ma se ha lasciato per primo questo settore musicale, è stato perché non voleva più combattere con le prime donne e con la presunzione dei registi, preferendo il rapporto dualistico con l'Orchestra. «L'orchestra è come un cavallo di razza, che sente subito il valore del fantino» egli è uso dire: e con l'Orchestra di S. Cecilia, che ben conosce e apprezza, Prêtre questa sera interpreterà «Les animaux modèles» (1942, in piena guerra) di Francis Poulenc, vivido e sarcastico balletto che, partendo da una favola di La Fontaine, si fa metafora dell'invasione nazista della Francia. Seguirà sempre di Francis Poulenc il «Concerto per due pianoforti e orchestra», presentato al Festival di Musica Contemporanea di Venezia del 1932, ove lo spirito di Stravinsky e di Ravel si combina con quello del più puro Settecento, in un bizzarro mélange tipico del compositore. Per questa esecuzione, Georges Prêtre avrà accanto altri due animali di scena, le superlative e assai fascinose giovani figlie di Ada Cecchi, Katia e Marielle Labèque, pianiste specializzatesi nel repertorio per due pianoforti, ormai internazionalmente note e amate. Chiuderà infine il concerto l'eccezionale trascrizione del giovanile «Quartetto op.25 per pianoforte e archi» (1861) di Iohannes Brahms, scritta da Arnold Schönberg, il futuro maestro della dodecafonia.