Clio Pedone L'ultima fatica dell'infaticabile prof.
Lapiù recente di una serie di opere inerenti la politica estera del mare nostrum, «La diplomazia italiana e i Paesi Arabi dell'Oriente mediterraneo» (FrancoAngeli Editore), è un faro che orienterà i lettori nell'indomabile tempesta della politica estera dell'Oriente, chiarendo dubbi e svelando misteri di quella che fu la prima strategia adottata dalla Farnesina all'indomani della firma del Trattato di Pace Parigi. È il 1946 e in un quadro di fedeltà alle politiche occidentali, cementate dagli aiuti finanziari statunitensi, il governo di Roma cercava di allargare i suoi spazi di manovra, abbandonando qualsiasi istinto coloniale e inaugurando con i Paesi Arabi un'amicizia sincera e scevra da bieche strumentalizzazioni. Il libro è suddiviso in tre parti: nella prima Pizzigallo ricostruisce i passaggi che hanno caratterizzato le relazioni tra Roma e Il Cairo. La strada per l'Egitto passava per Londra e il Foreign Office non mancò di sottolinearlo, toccò così al diplomatico Giovanni De Astis aprire un varco nel muro di ostilità che si frapponeva tra inglesi, egiziani ed italiani e trovare una via d'uscita in una situazione insostenibile ed anacronistica. Nella seconda parte l'attenzione si sposta in Siria, essenziale crocevia finanziario e di transito per il Levante. Tra Damasco e Parigi interviene ancora Roma, con un soft pressing sui diplomatici d'oltralpe. E se sulla via di Damasco non sono mancati spiacevoli incontri con gli inglesi, anche in queste circostanze, l'abilità e la genialità dei diplomatici nostrani non ha tardato a rivelarsi. Nella parte conclusiva l'autore, studioso oltre che di diplomazia mediterranea anche degli aspetti politici della questione energetica, ha analizzato la situazione dell'antica porta d'Oriente: il Libano. Il primo protagonista delle relazioni con Beirut, Adolfo Alessandrini, artefice della firma sul trattato di amicizia e commercio, ha consentito all'Italia di giocare un ruolo importante nella calda stagione mediterranea.