«Io, gelosa e ossessiva ma solo per amore»
«Guardati dalla gelosia, mio signore, è un mostro dagli occhi verdi che si prende gioco della carne di cui si nutre», ammonisce Otello, ma la gelosia, si sa, è incontrollabile. Ed è tanto diffusa da essere ormai persino celebrata nel Jealousy Day. Per l'occasione, è stata presentata ieri nella Casa del Cinema di Roma l'anteprima di venti minuti del film «Il caso dell'infedele Klara» (dal 27 marzo nei cinema distribuito da Medusa) diretto da Roberto Faenza, con Claudio Santamaria e Laura Chiatti. Il regista, a lungo ossessionato dal tema narrativo della gelosia, che non ritiene un sentimento negativo in un rapporto, si è ispirato al film «El» di Bunuel e al romanzo di Michal Viewegh. La storia è quella di un musicista italiano (Santamaria) che, folle di gelosia nei confronti della sua fidanzata (Chiatti) e certo di un suo tradimento, la fa pedinare da un investigatore. Laura Chiatti, dopo «Iago», ancora un film che la vede vittima di uomini gelosi, è così anche nella vita privata? «No, nella realtà sono più carnefice che vittima. Cerco di limitarmi, anche se sono molto gelosa e spesso faccio scenate isteriche, stacco le tende o ribalto i letti, ma evito di farlo in pubblico. Da poco sto imparando a diventare più razionale. Occorre scindere da ciò che è vero ciò che invece rappresenta solo l'immaginazione della propria gelosia. Per me non è un sentimento facile da controllare». Accetta la gelosia da parte del suo partner? «Sì, se non è ossessiva. La gelosia è per me una testimonianza d'amore. Se non ci fosse sarebbe preoccupante, significherebbe che la passione è finita. Certo, gli eccessi sono sempre da combattere: una gelosia eccessiva da parte del mio fidanzato mi offenderebbe e penserei che lui non si fidi troppo di me». Esiste anche una forma di gelosia tra amiche o tra colleghe? «Tra le amiche il sentimento della gelosia non è mai così forte e invasivo come lo è tra un uomo e una donna. Mentre la gelosia verso una collega non l'ho mai provata e in realtà sarebbe invidia. Se una parte la danno ad un'altra attrice, e non a me, vuol dire semplicemente che lei se l'è meritata». Crede che una convivenza riesca a far diminuire la gelosia in un rapporto di coppia? «No, è solo un'impressione, perché si crede che vivendo insieme con la persona amata, questa sia più controllabile, ma non è così. Io vivo con il mio fidanzato sia a Roma sia fuori, ma la gelosia resta». Cosa l'ha attratta del personaggio di Klara? «È pura e come me si butta nei sentimenti. Mi sono innamorata di questo personaggio perché è una donna che vive di passione e di istinto, Klara è una ragazza pacata che sogna di laurearsi. Ama Luca, che vive però un'autentico delirio di gelosia: è uno di quei casi in cui il sentimento si può trasformare in malattia. Lei subisce e soffre perché non riesce a vivere serenamente la sua storia d'amore. In verità io somiglio anche a Luca: nella vita privata sarei stata io a noleggiare un detective per seguire il mio fidanzato». È stato imbarazzante recitare senza veli nelle scene sensuali del film? «Le scene di sesso sono sempre tragiche, soprattutto per quanto riguarda una donna. L'imbarazzo c'è stato. Ma il corpo è uno strumento di lavoro, come la voce o lo sguardo. Con il corpo si trasmette ciò che non possiamo esprimere con le parole. Sarà più imbarazzante rivedere le scene di nudo che averle fatte, perché ho avuto grandi professionisti accanto. Hanno capito i miei disagi. Con Claudio c'è un grande feeling, ci conosciamo da anni e siamo amici, per questo è stato più facile, non c'è stato il blocco totale. Mentre Faenza mi ha sempre rassicurato facendomi rivedere nel monitor le scene. Il film è ricco di sensualità, amore e passione, ed era inevitabile recitare anche delle scene di sesso». Quando recita lontano da casa i fantasmi della gelosia diventano più forti? «Per questo film ho lavorato a lungo a Praga. Ma sul set sono venuti a trovarmi spesso il mio fidanzato, la mamma del mio fidanzato e le mie amiche. La vera difficoltà è stata quella di recitare in inglese: io recito più d'istinto e perciò mi preoccupava di essere troppo fredda, perché dovevo concentrarmi a parlare in una lingua straniera».