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Castellitto: "Vi racconto l'Europa dei giovani scellerati"

Sergio Castellitto

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{{IMG_SX}} Continua il sodalizio nell'arte e nella vita tra la scrittrice Margaret Mazzantini e il suo compagno di sempre, il regista e attore Sergio Castellitto. La coppia ha ieri sera iniziato la sua mini tournée di reading al Teatro Valle di Roma, teatro che è stato peraltro lo scenario dei loro primi incontri, quando, entrambi attori, recitavano insieme in «Tre sorelle» di Cechov. A distanza di 25 anni il palco torna ad essere la scena della loro testimonianza artistica. E 7 anni dopo il libro «Non ti muovere» (premio Strega 2002), che divenne un film diretto da Castellitto, la coppia ha annunciato un'operazione analoga con «Venuto al mondo», ultima fatica della narratrice pubblicata da Mondadori. Ancora una volta, la protagonista è una donna, Gemma, che parte per Sarajevo con suo figlio Pietro di 16 anni. Al suo arrivo incontrerà Gojko, il poeta bosniaco, anello di congiunzione con l'amore della sua vita, il fotografo Diego. Si dipanano così le passioni e le scelleratezze di una generazione di giovani scapestrati, sullo sfondo della guerra nella ex Jugoslavia, tra maternità e paternità sofferte e cercate, poi scaraventate nel destino drammatico di un conflitto europeo. Il romanzo, che dallo scorso novembre ha già venduto oltre 300 mila copie, diventerà ora un film. Castellitto, quale sarà l'arco temporale nel quale si muoveranno i protagonisti del suo film? «Come nel libro, si partirà dal 1982 fino ai giorni nostri. È un lasso di tempo nel quale si sono verificate tantissime cose, dalla caduta del Muro di Berlino alla fine del Comunismo, fino a una guerra che ha straziato la Jugoslavia e l'Europa stessa. È stato un romanzo travagliato ma bello: per me è un privilegio poter trarre un film da questa storia. L'abbiamo vissuta insieme con Margaret, alcune sere rileggendo le pagine scritte ci siamo anche commossi».  Cosa significa organizzare un tour di letture per il romanzo «Venuto al mondo»? «Il reading è un modo di presentare i libri poco usato da noi, al contrario di altri paesi europei. Si può così superare la classica professoralità di una presentazione dotta ma certo non emozionante. La parola che suona in un teatro fa esplodere le immagini, soprattutto nelle persone che non hanno ancora letto il romanzo. Dopo quella capitolina, avremo altre due date di reading, il 30 marzo al Teatro Parenti di Milano e il 3 aprile al Mancinelli di Orvieto. Dal libro abbiamo estratto un 10 per cento di storia per un'ora e mezza di letture, è una sorta di trailer emotivo e narrativo, è il profumo del film, che sarà internazionale. Siamo comunque riusciti a tenere insieme i tre temi principali, l'amore, la maternità e la guerra». Ha già un'idea del cast, ci sarà ancora Penelope Cruz nel suo film? «Io non reciterò, non da protagonista almeno, perché è una storia di giovani e io non ho più l'età. Penelope Cruz è una nostra amica, è stata a cena da noi qualche giorno prima di vincere l'Oscar. Vedremo. Il cinema è un lavoro di limatura, di tagli e il libro, di 530 pagine, è complesso. Ma la scrittura di Margaret è medianica e solo apparentemente caotica, in realtà è capace di guidarti fino alla fine. Oltre a dirigerlo, coprodurrò anche il film con Roberto Ciccutto e Luigi Musini».  Da dove ha attinto ispirazione sua moglie per scrivere il romanzo? «Dalla vita vera delle persone, oltre che da una lunga ricerca storica. Siamo andati più volte a Sarajevo e mi ha colpito un particolare: entrando nelle moschee ho visto tantissimi bambini biondi, dagli occhi chiari e le scarpe Adidas ai piedi. Noi siamo abituati ad un Islam composto da persone con la carnagione scura e invece non è così. Esiste un altro mondo ma sempre islamico e vicino a noi, credo che questa realtà sia stata sempre un po' troppo sottovalutata. Come è accaduto per la guerra in Bosnia: ce l'avevamo dietro casa, ma la sentivamo lontana da noi e la vedevamo solo attraverso il tubo catodico della tv». Domani è la giornata della gelosia, lei è geloso di Margaret? «Io sì, lei no».

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