Giotto da vicino
«Non so se riuscirò mai a fare una mostra più importante di questa». Alla vigilia dell’inaugurazione di «Giotto e il Trecento» adrenalina, notti in bianco e grinta agitano Alessandro Nicosia, presidente di Comunicare Organizzando, nonché dèmone (platonicamente parlando) degli spazi espositivi del Vittoriano. Oggi alle 11 per vedere in anteprima la rassegna che squaderna «il più sovrano maestro stato in dipintura» (parola del trecentesco Giovanni Villani) entrerà nella «pancia» dell’Altare della Patria un plotone di prestigio. Anticipa a Il Tempo Nicosia: «Il Capo dello Stato, il sindaco di Roma, e tre ministri, Bondi, Brunetta e Matteoli. Anzi quattro: ci sarà anche monsignor Ravasi, "ministro" dei Beni Culturali del Vaticano, che ha creduto nell’operazione Giotto e tanto si è adoperato nella consulenza scientifica e nel prestito di alcune opere». Centocinquanta i pezzi in mostra: venti usciti dalla mano di Giotto, gli altri di giotteschi ma anche di maestri che «dialogano» con lui, pure Oltralpe e in Spagna: Cimabue e Orcagna, il Maestro della Crocifissione del Louvre, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, Nicola e Giovanni Pisano. Nonché i «romani» Arnolfo di Cambio, Jacopo Torriti, Pietro Cavallini. «Sa - dice Nicosia - che cosa caratterizza più di ogni altro aspetto questa rassegna? Il prologo, la grande prima sala. Qui la tecnologia permette di inseguire Giotto ad Assisi, a Padova, a Firenze, dove ci sono i cicli di affreschi che ovviamente non abbiamo potuto portare qui. Figure, paesaggi dipinti scorrono su dieci megaschermi al plasma. Il visitatore con un clic può ingrandire i dettagli: un occhio, un albero. Indagare sulla pennellata del maestro. O sulle sue prove di architettura: a Firenze il campanile o il Ponte della Carraia, che fu distrutto». Insomma, un viaggio in Italia? «È l’altro aspetto originale della mostra, per il quale è stato coinvolto l’Enit. Inseguendo Giotto nei luoghi nei quali ha lavorato, si conosce il Bel Paese. Per esempio, si sceglie sullo screen Bagno di Cavallo ed ecco questa località. Così per Perugia o per Napoli, coi porti degli D’Angiò. O per la Lombardia dei Visconti. Aiutati anche da filmati dell’Istituto Luce». Insomma, obiettivo divulgazione. «È la mission che perseguo da dieci anni al Vittoriano. Qualcuno ha arricciato il naso. Ma il mio bernoccolo è portare alle mostre il pubblico meno colto».