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Ma la televisione non è il nostro demiurgo

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Ma c'era una frasetta, buttata lì a chiusa, su cui riflettere. Costanzo cita Flaiano ("Fra trent'anni l'Italia non sarà come l'han fatta i governi, ma la televisione") e aggiunge il suo: "Meno male". Come tutta la letterina, l'affermazione è grossolana. Bisognerebbe intendersi: di quale tv si sta parlando? Dei mille canali satellitari pieni di gioco al lotto, pornografia etc, o dei tg? Di Bruno Vespa o dell'Isola dei Famosi? O di tutta la tv nel suo complesso? E poi: è esatta la sua previsione? Innanzitutto, la opposizione tra tv e governi non è del tutto fondata. Le tv non solo esistono grazie a concessioni dei governi. Fu un governo "amico" ad aprire la strada al successo della tv commerciale (e di Costanzo). E la tv pubblica, come mostrano i lunghi contenziosi tra Commissione di Vigilanza, nomine, etc, dipende molto dai governi e dal complesso gioco della politica. Un Costanzo o un altro anchor man, come espressione di gruppi di potere, vale come un ministro. E in merito alla capacità della tv di "plasmare" il paese siamo davvero sicuri che sia così? Non sono un esperto. Mi limito, da poeta, a guardare fuori dai luoghi comuni. Credo, al contrario, che oggi la tv non formi davvero le dinamiche più importanti della vita sociale. Indirizza alcune opinioni in merito alla politica e a certi casi (tipo il caso Eluana su cui la manipolazione è stata forte). Omologa le opinioni ma non fa davvero cultura. Se davvero è la televisione a influenzare e formare il Paese, ci dovremmo chiedere da quali programmi vengono la sorda ira o paura che anima la volontà di "difendersi" per cui spuntano ronde, proclami di giustizia fai da te etc. Forse sono stati i telegiornali ad aizzare tale insofferenza montante? Insomma, abbiamo una tv xenofoba? Oppure è proprio lo "scollamento" tra il paese reale che gli italiani toccano e la artefatta rappresentazione che ne fa spesso la tv una delle cause scatenanti di disagio? Cioè la tv fa cultura errando, fallendo il suo compito? Credendo di educare diseduca. Forma sì, ma al contrario. La continua, banale e superficiale esibizione dei sentimenti, della donna e del sesso li sta "liberando" o li sta recludendo maggiormente in territori selvaggi e ombrosi? In questi giorni i media han fatto ressa a Sanremo, ma è stata proprio una battuta del Premier ("sono tra i 45 milioni che non l'hanno visto") a mostrare la crudità del fatto che musica e spettacolo per la stragrande maggioranza dei cittadini non passa attraverso quel che la Tv ha deciso come prodotto di punta in quel campo. Certo, passerà anche attraverso altri canali tv, ma soprattutto da altre vie. La tv sta vivendo una specie di declino (che segue quello dei giornali, un tempo esaltati come ora Costanzo fa con la tv) in mezzo all'affollarsi di altri strumenti di comunicazione, meno verticisti, meno controllabili, in cui le autorevolezze sono rimesse in discussione. Insomma, nonostante la illusione costanziana la tv rimane un mezzo, non un soggetto. Le dinamiche complesse attraverso cui, tra drammi e altezze, si forma la vita di un popolo si chiamano cultura e politica (di governo e non). Esse useranno la tv, e gli uomini della tv, finché serviranno. Oppure altro.

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