Proposte, vince Arisa Bonolis accerchiato da conigliette e pornostar

Attorno all'Ariston ci si guarda di sottecchi e si fanno strani gesti, come quando si gioca a tressette. In queste ore, la mimica facciale di chi vi incrocia qui in Riviera è tutta da decifrare, un po' ictus e un po' "birra e salcicce" alla Totò: vi si vuol far capire che è già tutto deciso, che insomma, dai, si sa. Che bello immaginare pastette, complotti, truffe, il vincitore già designato da mesi, da qualche padrinozzo in penombra, grasso, sudato e con lenti a specchio, e l'interlocutore tremebondo che gli assicura: «Sì, sì, non temere, quest'anno tocca a te». Di sicuro, tra le Proposte è già toccato ad Arisa, la swingatrice che pare una svaporata scesa da Plutone, o uscita da una cassapanca (invece arriva dalle selezioni di SanremoLab), e canta quel motivetto perfetto che è già sulla bocca di tutti. «Sinceritààà». Già uno slogan. Lei giura: «Non piango più». E saluta Luttazzi. Fa bene al cuore. Ecco chi trionferà. Tutti garantiscono di conoscere la soluzione del Codice Sanremo, ma non fidatevi. Possiamo dirvi che martedì, al termine della prima serata, i consensi più cospicui della giuria in teatro erano andati a Masini, Leali e Povia. Ma erano gli stessi che avevano bocciato Al Bano e Da Vinci, ripescati a furor di sms dai borbonici e dagli apuli. E questi due potrebbero ormai giocarsela fino all'ultimo chilometro, in quel gruppo in cui non dovrebbe mancare neppure Marco Carta: anche perché, come hanno notato gli statistici della Rai, il pubblico del Festival quest'anno è ringiovanito. Allora ci si chiede: perché ieri hanno eliminato Dolcenera e sopratutto i magnifici Gemelli Diversi?. La guerra di Paolino. Gli ascolti toccano vette altissime, purissime. Neanche Messner riuscirebbe a piantare la bandierina sul 43,89 di share (12 milioni e mezzo di spettatori) della terza serata. Ovvio che Bonolis (che punta il dito contro lo «stato sociale che fa schifo perché fa pagare tasse alte ma non provvede a far curare a domicilio i bimbi con gravi handicap) stia diventando un problema. Lui ammette, nell'imperscrutabilità del futuro di Viale Mazzini, di lasciarsi aperto uno «spiraglio», quello stesso che non chiude a Murdoch con i «lavori a progetto». Del Noce gli tendeva la mano: «A chi alludevi quando con Spacey parlavi di un direttore artistico alto alto e magro»?. A Pippo, rispondeva il conduttore, casomai non si fosse capito. Non si bruciano così i fantocci dei nemici? Gran Parata. Ormai la scommessa del Festival è vinta, arrivano gli ammiragli da Roma. Il direttore generale Rai Cappon tiene il cappotto a vista, andrà presto a occuparsi di altro. Però concede che l'investimento del Festival (con una convenzione triennale da poco rinnovata e un business da 60 milioni tutto compreso) non è stato un azzardo: «È un valore strategico per noi, abbiamo guadagnato 12 punti». La battaglia contro Sky sarà dura («ma non è detto che uno come Fiorello abbia abbandonato la tv generalista»), mentre l'alleanza con Mediaset e Telecom non è di contenuti, precisa, ma solo strutturale. In visita pastorale anche il ministro Meloni, che annuncia «incentivi economici per le tv e le radio che diffondono la musica dei giovani». Evvai. La Repubblica Romana. Non manca giorno senza un dispaccio papalino: ecco Andrea Gemma, vescovo emerito, sul sito papanews.it, di stretta osservanza ratzingeriana. Invita il conduttore ad autoridursi il compenso da un milione e a devolverne parte per sostenere le famiglie colpite dalla crisi. Ci mancano solo le guardie svizzere con le alabarde. Paolino organizza una difesa: «La Chiesa ha cose più importanti cui pensare. Non credo sia contro il Festival». Dai, su. Le fidanzate di Bugs Bunny. E che diranno i tonacati delle tre conigliette italiane di Playboy? Una prima bordata è arrivata a trasmissione in corso: quelli dell'Aiart (telespettatori cattolici) sottolineavano che «siamo all'avanspettacolo». Il terzetto hefneriano (una era ex semifinalista di "Veline": chi la dura la mostra) è sceso dalla scala sulle note di "Like a virgin". Paolo: «Non è credibile». Quelle mute, nessuno era riuscito a microfonarne le poppe senza tenere la mano ferma. Poi arriva il vegliardo Hugh, con le sue tre fidanzatone al seguito. Quelle sontuose, lui bacucco: provate a muovergli una critica, premieremo la più convincente. Ci si metteva pure una strappona abusiva, la pornostar siciliana Laura Perego, che invadeva il palco in epidermide tigrata e perizoma: l'alibi è la protesta contro le pellicce, da animalista convinta (qualunque cosa significhi). I gorilloni l'allontanavano, Hefner gongolava. Intanto scattava la caccia dei papaveroni al biglietto per il party esclusivo notturno delle sventole. Tra quelli riusciti a entrare, alcuni già recitavano il pateravegloria sperando di peccare. Si portavano avanti con l'assoluzione. Sesso matto. Definitivamente mortificata, Iva tira fuori gli artigli: «Sono stata trattata in modo indecente e indecoroso dal signor Benigni. Ha detto mostruosità». Randellata anche per Paolino: «Non gli perdono neanche la presentazione di giovedì: mi fa trovare in cima alla scala un bel ragazzone e mi dice "Ahò poi dì che non ti voglio bene". Mi ha offeso come donna, come mamma, come nonna». Uffa. La serata. Apertura in nudo dipinto per una delle ballerine di Ezralow (da qui l'espediente poi utilizzato dalla streaker per scendere dalla galleria vestita e spogliarsi davanti al palco), sulle note di un pastiche lirico. Problemi tecnici per il chitarrista di Leali con Fabrizio Moro; sottilmente emozionato Placido recitante per Al Bano. Pravo non riusciva a tenere botta ai grandissimi rocker (Todd Rundgren!) venuti lì per lei, D'Alessio si riprendeva il pezzo scritto per Da Vinci, Teocoli toglieva pathos ad Alexia-Lavezzi, Renga riusciva a non farsi travolgere dalla soverchiante Daniela Dessì, Carta calava l'asso sardo coi Tazenda. Povia lasciava gli attori del suo video (Massimiliano Varrese e Rossella Infante) a baciarsi come neosposi. Da Venezia, manifestanti gay lanciavano (per davvero) un piccione viaggiatore contro di lui. Per stasera si conta di farcene una ragione.