Elisa Di Salvatore La colpevole dimenticanza di molta ...

A colmare tale lacuna è arrivato da poco in libreria il testo "Giacomo Mancini, Biografia politica" di Antonio Landolfi (Rubbettino) che attraverso la storia politica e personale del protagonista ripercorre le complesse vicende del PSI e di tutta la sinistra. La biografia copre gli anni dal dopoguerra ai giorni nostri, con accenni alla grande influenza culturale e politica che il padre Pietro esercitò sulla formazione di dirigente politico del figlio. Dopo la storica sconfitta del 1948 Giacomo cominciò ad acquisire consapevolezza dell'esigenza di una maggiore autonomia del PSI dal PCI, dell'importanza di stare nelle istituzioni, dell'inserimento delle masse popolari nella direzione dello Stato e del nesso inscindibile del socialismo con democrazia e libertà. La sua azione politica da Segretario e uomo delle istituzioni e di governo fu ispirata da un riformismo pragmatico e da un meridionalismo concreto fatto di opere e interventi che lasciano segni indelebili, "i documenti di pietra", come li definì lo storico francese Braudel. Fu un convinto garantista fino al punto di essere definito dall'"Unità" un "fiancheggiatore" del terroristi per aver voluto praticare l'umanesimo socialista durante il rapimento Moro. Questi i principi e i valori che hanno permeato il suo agire politico che tanti oppositori e ostacoli incontrarono e che trovano puntuale narrazione nel libro. La parte più rilevante è quella dedicata alle contrapposizioni fra Craxi e Mancini, nonostante ne fosse stato sostenitore dell'ascesa al Midas. Queste cominciano a manifestarsi a partire dal Congresso di Palermo dove l'ala manciniana si oppose all'elezione diretta del Segretario, passano per il dissenso al rovesciamento della linea storica del PSI filo Israele, per finire alla netta contrarietà all'accordo del "Camper" che definì un errore fatale. Non si capacitava perché Craxi non comprendesse i mutamenti profondi nella politica italiana che sarebbero intervenuti dopo la caduta del "Muro" e che avrebbero dovuto convincerlo a svincolarsi dal CAF e compiere la scelta politica fatta a suo tempo da Mitterand e creare una svolta nella sinistra guidata dai sicialisti. Così non fu. Questa la questione ancora in sospeso in attesa di una sinistra che continua a non volere fare i conti con se stessa e fino in fondo per ridefinirsi come forza di governo.