Questo Festival proverà a lasciare un segno: la sua missione ...
La vitalità di Sanremo è la sua garanzia: ci permetterà di evitare le secche di una crisi ciclica, già conosciuta negli anni Settanta, e di investire su una nuova "trasversalità" mediatica. Già quest'anno, alcuni talenti usciti da "X Factor" o da "Amici" arrivano a giocarsi la propria scommessa all'Ariston. Li abbiamo conosciuti nel percorso dei reality e dei talent show, dove il dietro le quinte conta come e più dell'esito finale. Ora eccoli su una ribalta più tradizionale, direttamente sul palco più prestigioso, per il tempo di un'esibizione. Non è sacrilegio pensare a Sanremo come all'approdo naturale di una possibilità di carriera per i giovani: e nel futuro non è esclusa una collaborazione più salda tra eventi così diversi. Avremmo voluto anche Giusy Ferreri, e riospitare i Sonhora, ma le loro strategie erano diverse, e rispettabili. Quanto ai campioni, abbiamo scelto uno spettro ampio di ciò che è la musica in Italia, con canzoni importanti dal punto di vista tematico e artistico: la selezione è stata a volte lacerante. Ci è spiaciuto escludere nomi come Paola Turci o Avion Travel, che avevano bellissime proposte, mentre ad Al Bano abbiamo suggerito di cambiare brano. I mentori dei giovani: abbiamo discusso, anche animatamente con personaggi come Ramazzotti, Antonacci, Negramaro, che avremmo voluto in questo progetto così appassionante e complicato. Non abbiamo fatto sconti a nessuno: chi si è lamentato, come Sgarbi, ricordi che per confezionare un buon testo occorre essere bravi parolieri, non filosofi o scienziati. A poche ore dalla partenza, avverto la necessità di proteggere il Festival da chi vorrebbe distruggerlo. Da chi non prova mai a costruire un terreno comune per la musica, dalle canzonette a quella più nobile. La musica vera è una sola, senza etichette o conflitti. * direttore musicale del Festival