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Wajda riesce a commuovere senza sbavature

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Solo oggi, però, trattenuto finora forse dal pudore per il proprio padre che vi aveva perso la vita, accosta la pagina più terribile e più nera, l'eccidio di Katyn in cui, nel 1940, i militari sovietici, per ordine diretto di Stalin, trucidarono a freddo migliaia e migliaia di prigionieri di guerra polacchi, ufficiali e soldati, accumulandone i cadaveri in fosse comuni. Alla mostruosità dell'evento si aggiunse una bieca operazione di propaganda che mentre da una parte, nel '43, indusse i tedeschi, scoperte le fosse, a servirsene per combattere i sovietici, da un'altra spinse invece per anni i sovietici ad accusare i tedeschi di quell'orrore, continuando nell'inganno anche quando, finita la guerra, tennero praticamente soggetta la Polonia grazie a un governo comunista ai loro ordini. Wajda all'eccidio dedica solo l'ultima sequenza, terribile e atroce, rappresentata però quasi come in un documentario e con un'unica nota privata, le vittime predestinate che, via via massacrate, recitano forte il Padre Nostro. Il resto è il dramma delle famiglie in attesa e, dopo, i durissimi contrasti con i governanti comunisti intenti, anche con quelle, a perpetuare la frode dell'eccidio ad opera dei tedeschi per assolvere i sovietici. Casi umani saldamente costruiti, personaggi scolpiti quasi nella pietra, ma sempre vivissimi, situazioni che si susseguono in climi ora tesi ed ansiosi, ora raccolti anche quando le invadono emozioni profonde. Con immagini di altissima qualità cinematografica, all'insegna di un realismo che punta sia alla enunciazione dei fatti, persino con terribili documenti d'epoca, sia alla rappresentazione, dall'interno, di problemi di coscienza, di reazioni psicologiche, di dubbi e di contrasti, sempre di forte evidenza. Li sostiene una recitazione votata solo all'autentico, pur nel segno dell'arte. Commuove, fra i tanti, felicissimi interpreti, ritrovare, nelle vesti dolenti di una madre, la grande Maja Komorowska, reduce non solo dal cinema di Wajda, ma anche, con autorità, da quelli di Zanussi e di Kieslowski.

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