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In un mondo senza cultura soltanto la «pietas» ci salverà

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Ma non si può certo catalogarlo tra gli intellettuali del conformismo imperante, e questa è la sua forza: non produce mai pensieri e analisi accomodanti, specialmente per gli aedi del politicamente corretto. Lo dimostra anche il suo ultimo libro, «La cultura conta. Fede e sentimento in un mondo sotto assedio», pubblicato da Vita e Pensiero (pag.116). Si tratta di una innamorata difesa del patrimonio della nostra tradizione dall'assedio dei barbari. Ovvero di una lode di ciò su cui si fonda la nostra civiltà, inestricabilmente legato alla fede religiosa cristiana e sottoposto al contemporaneo attacco - esterno - dell'islamismo e - interno - del relativismo. Platone e Aristotele, Shakespeare e Dante, lo splendente pensiero filosofico e l'immensa ricchezza letteraria: tutto questo e molto altro sta cadendo sotto i colpi di ciò che, spacciandosi per cultura, è invece sostanzialmente negazione teorica e pratica del retaggio essenziale dell'Occidente, arrogante dissipazione delle vere idee in favore di una supposta liberazione del giudizio. Gli anni settanta, con le mode intellettuali del decostruzionismo e dello strutturalismo, hanno di fatto abolito la capacità di pensare, di edificare concetti solidi e di difendere quel che era stato generato dalla tradizione "alta" del nostro mondo. Gran parte delle università e dei centri di produzione culturale europei e americani sono oggi schiavi di questa concezione, del nichilismo e della conseguente decadenza del gusto estetico. Circondato da tali macerie, Scruton riesce a dare di nuovo un senso alla parola cultura, riscoprendo che essa ha un carattere elitario ma al tempo stesso legato alla emozione e alla quotidianità di tutti noi. Che la lezione dei classici serve a dare un senso autentico alle nostra vita di ogni giorno e ai nostri sentimenti. Che dobbiamo preservare quel che ci è stato consegnato dai geni del nostro passato, facendone tesoro. Non solo: la cultura nel senso proposto da Scruton è indissolubilmente congiunta a un giudizio oggettivo, a un canone che nel corso dei secoli si è determinato proprio come esito di innumerevoli scelte. Quelle scelte, e non altre. "Proprio come le usanze si formano col passare del tempo a partire dagli sforzi degli esseri umani di coordinare i propri comportamenti, così le tradizioni culturali emergono da discussioni, citazioni e paragoni con cui le persone impiegano il proprio tempo libero". Il patrimonio di una civiltà si fonda su decisioni, su preferenze; perciò la cultura che ne deriva è proprio quel qualcosa di oggettivo e non relativo a cui abbiamo il diritto e il dovere di riferirci nel compiere le nostre scelte pratiche, politiche, personali.

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