Esplosione futurista
La critica lo sta rivalutando e il pubblico risponde all'appello con entusiasmo. E se al Museo Correr di Venezia sono esposti i 95 pezzi della Collezione Fedrizzi, Rovereto ha fatto le cose più in grande: oggi riapre la Casa D'Arte Futurista Depero ( restauro dell'architetto Renato Rizzi, progetto museografico di Gabriella Belli), mentre nelle sale del Mart, «Futurismo 100» inaugura la mostra «Illuminazioni. Avanguardie a confronto. Italia-Germania-Russia» (fino al 7 giugno). C'è tanta voglia di vedere e da un bel po' fioccano prenotazioni. Roba da non credersi: il Futurismo ha cento anni, ma torna ad averne venti, ti dice che non solo il Novecento è in gran parte cosa "sua", ma anche il 2000 ha molto da imparare dal FTM e compagni di lotta. E più che mai da chi, come Depero, ebbe a patire nel dopoguerra solitudine, umiliazioni e ristrettezze. Come è noto, buona parte del Futurismo italiano fu fascista e Deper stette dalla "parte sbagliata" fino in fondo, con tanto di libello fascista a maggior gloria della "guerra del Duce" ("A passo romano", 1943). Vade retro, reprobo! E tutto quello che aveva fatto come artista? Bisognava buttar via il pittore, l'aeropittore, lo scultore, il coreografo, il letterato, il grafico, il creatore di marionette, il disegnatore pubblicitario per la Campari, l'Alberti (produttrice del Liquore Strega), la Schering (Veramon), l'Unica (cioccolata), la San Pellegrino (acqua minerale) ecc.? Bisognava cancellare il ricordo di un grande artista italiano leonardesco, che aveva realizzato cuscini, manifesti, copertine, mobili, soprammobili, lampade, tarsie in panno e in 'buxus' (un materiale a base di cellulosa) giocattoli, e nei suoi soggiorni americani aveva realizzato centinaia di bozzetti per spettacoli teatrali e riviste di moda come "Vogue", "Vanity Fair"? Insomma il Depero che si offre ora ai visitatori, nella sua Casa, in un trionfo di immagini e di "cose"? Beh, lui ce la mise tutta per allestire il suo Museo, ricco di oltre tremila opere e inaugurato nel 1959 alla sola presenza delle autorità cittadine e dell'artista (l'inaugurazione ufficiale non ebbe mai luogo e Depero morì l'anno dopo). Brutti tempi per duri e puri come Depero, visto che per la critica, astiosa, il Futurismo era nato nel 1909 col "Manifesto" ed era morto nel 1916, con la scomparsa di Boccioni. E dopo? Robaccia fascista. Ma era questo "secondo Futurismo", con Depero in prima fila, che aveva portato l'arte nella vita. Era stato questo "secondo Futurismo" che era andato all'assalto delle città per trasformarle, entrando nelle redazioni dei giornali, nei ristoranti, nei cinema, nelle stazioni, negli aeroporti. Questa, la vera ondata "movimentista", annunciata nel Manifesto del marzo 1915, firmato con Balla e Prampolini. Con parole d'ordine ancora più "totalizzanti" di quelle dell'Archetipo marinettiano del 1909. Infatti, si annunciava la "ricostruzione futurista dell'universo". Tutti pazzi? E più che mai Depero che, dal 1919 (si veda il materiale raccolto nella Sala 1), comincerà a farsi anche a teorizzare l'autoréclame, che non è "espressione di megalomania, ma necessità per far conoscere rapidamente al pubblico le proprie idee e creazioni". Pazzi. Creativi. Eccessivi.