Una raffinata comedy inglese tra equivoci e ironia
Già apprezzato al festival di Roma, «Easy Virtue» entra senza incertezze nella grande tradizione brillante di Hawks e Wilder, esplorando le conseguenze più intime di una lotta senza fine tra presente e passato, innovazione e rigide manie conservative. Siamo all'inizio degli anni Trenta: negli States tramonta la Jazz Age e in Inghilterra resiste la calma piatta della vita di campagna, la countryside life. Ma la routine di Mr e Mrs Whittaker (Colin Firth e Kristin Scott Thomas), insieme con quella della loro imbalsamata famiglia, piena di debiti, sarà interrotta dal ritorno dall'estero dell'inquieto primogenito, John (Ben Barnes), accompagnato a sorpresa dalla neo moglie, Larita (Jessica Biel), americana sexy e stravagante quanto basta per mettere in crisi i blasonati genitori. Le riflessioni amare di Coward sulla società vittoriana si trasformano nel film di Elliott in un'arguta irriverenza verso l'ipocrisia, i rituali delle impeccabili buone maniere inglesi, tra gag e battute sottili come lame di coltello. Raffinato e tavolgente, nel ritmo come nelle musiche (con i classici del jazz, il tango e il can can, mixati dal virtuoso lavoro di Marius de Vries, già compositore di «Moulin Rouge»), il film sembra ricalcare l'ironico aforisma di Wilde: gli inglesi hanno veramente tutto in comune con gli americani, tranne la lingua. Sprecato è invece l'utilizzo di un grande attore comico come Kris Marshall (nel ruolo del maggiordomo), che appare in troppe poche scene. Din. Dis.