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L'arte dei Furbetti d'Italia per sfuggire alle imposte

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Una cifra che, nella peggiore delle ipotesi, significa qualcosa come 100 miliardi di euro di moneta sonante. E solo per avere una misura di cosa consentirebbe una somma di queste dimensioni l'autore cita il raddoppio della spesa pubblica per la ricerca. La moltiplicazione per due dei posti negli asili nido della Penisola. E ancora l'incremento del 45% di tutte le pensioni erogate. Non male per un Paese che dal 1991 è alla disperata ricerca di risorse per tenere sotto controllo il bilancio dello Stato. Ma tant'è, l'evasione è talmente connaturata all'identità italica che in fondo, dai più, è quasi tollerata. Le spiegazioni sulla renitenza degli italiani a presentare dichiarazioni dei redditi fedeli sono le più diverse e disparate. L'emulazione collettiva: evade il mio vicino, perché non io. Qualcuno ha scomodato la storia: dalla caduta dell'impero romano alla fondazione dell'Italia moderna nel 1860 l'Italia fu occupata da arabi, austriaci, francesi e spagnoli. Così tra gli italiani eludere le tasse rappresentò una sorta di resistenza sociale. Un approccio nel considerare il versamento del dovuto all'erario che non è cambiato nemmeno ai nostri giorni. La protesta fiscale è cavalcata da tutti: da destra a sinistra. L'arma dello sciopero fiscale è brandita nel 1992 dall'allora leader di Rifondazione Comunista, Sergio Garavini, e l'anno dopo dal leader della nascente Lega Nord, Umberto Bossi. Anche Silvio Berlusconi cavalca l'insofferenza per le tasse degli italiani: «Le tasse sono giuste se sono pari al 33% se vanno oltre il 50% allora è morale evaderle». Concetto ripetuto davanti ai vertici della Guardia di Finanza in occasione della cerimonia per i 230 anni della fondazione del corpo: «È un piacere essere qui. Lo sarebbe molto meno se ci fosse una vostra visita a casa mia». L'autore cita una serie impressionante di trucchi e strategie per sfuggire alle maglie del fisco oppressore. Un gruppo di connazionali arriva addirittura a fondare uno stato «Antarticland» nel Polo Sud, in una remota enclave ex zarista. Dotato di costituzione e bandiera propria e rifugio sicuro per chi vuole lasciarsi finalmente alle spalle l'insostenibile pressione fiscale. Non è un sogno. La nascita del nuovo paradiso off shore è stata già notificata all'Onu. Fin qui l'utopia. Ma c'è anche chi per fare lo slalom tra i paletti del fisco utilizza strategie creative ai confini del genio. È il caso della vendita dei materassi allegati a una pubblicazione. Il giaciglio era gratis con l'acquisto del giornale che costava però 2 mila euro. Obiettivo: vendere pagando l'Iva agevolata per l'editoria al 4% invece del canonico 20%. Truffa scoperta dall'Agenzia delle entrate solo perché il credito Iva vantato dal venditore era troppo elevato per non essere sospetto. Trucchi che fanno scuola e arrivano anche all'attenzione dell'Europa. Come il giochino del falso noleggio realizzato dall'armatore americano sessantenne dichiaratosi «diplomatico statunitense in pensione, residente in Florida ma innamorato dell'Italia». Il natante, 35 metri e con lo scopino per la toilette d'oro è adibito a charter. Ma alla fine utilizzato, guarda caso, da un solo cliente: il legittimo proprietario che, in questo modo, si è scontato le imposte di circa 2 milioni di euro. Tanta astuzia, però, si ritrova anche in chi gli evasori li scova per mestiere. Tre funzionari dell'agenzia delle Entrate utilizzano Google Earth, il programma che consente di vedere il mondo con le foto dei satelliti, e scoprono sulla foce dell'Arno 35 rimessaggi di barche con un giro d'affari complessivo di 108 mila euro. Troppo poco per le barche che si vedono dalle foto. Infine un classico. L'idraulico che dichiara 3 mila euro all'anno contro gli effettivi 250 mila. A metterlo nei guai una casalinga indispettita dalla parcella troppo salata per sostituire un sifone del bagno.

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