Ma la sculturina non è di Buonarroti
Al di là delle sgrammaticature formali inconcepibili per Buonarroti, in ogni momento della sua esistenza, la lacuna maggiore concerne la totale assenza di riferimenti documentari e, quindi, filologici. Vale a dire verificabili. Una scultura di Michelangelo, anche minuscola, non sarebbe sfuggita alle fonti biografiche che si sono occupate di lui e della sua opera. Accettiamo quindi che, al di là di ogni documento, l'unico valido sia l'opera. Ma è proprio qui che il buco nero si riempie di un'immagine che con Michelangelo non ha nulla a che vedere! Non c'è alcun riflesso, come parrebbe plausibile a una datazione precoce, di quel Bertoldo di Giovanni (a sua volta allievo di Donatello) che fu il suo maestro. Viceversa, il volto mostra esplicita una somatica del tardo umanesimo e la struttura anatomica presenta disparità improponibili: il torace è troppo stretto rispetto al volume delle cosce, al cui confronto sono troppo ridotti i polpacci e i piedi stessi. Per una scultura che doveva essere osservata a distanza ravvicinata o in cima a una croce da pregadio privato, l'errore è sconcertante! Nessun rapporto con quel capolavoro, un misto di forza e gentilezza, che è il "Crocifisso di Santo Spirito". Per la sculturina, oggetto delle presenti note, penso che l'autore debba essere ricercato tra i membri di quella voga accademica non ancora partecipe del tragico espressionismo velato di malinconia che è peculiare di Michelangelo e che rinvia a Benedetto da Majano e, ancor più, a Baccio da Montelupo. Proprio quest'ultimo copriva le cosce eccedenti dei suoi "crocefissi" con un panno intriso di gesso, qui assente, col quale attenuava l'irregolarità. Come concludere? Che è spropositata la cifra pagata per l'acquisto, 3 milioni e 250 mila euro. L'opera già a 300 mila euro sarebbe stata strapagata.