Gino Paoli festeggia 50 anni di successi
Improvvisamente. E le parole gli si sono ritorte contro davvero. Eccome. È proprio lui ad essere senza fine. Le sue melodie fuori dal tempo, non hanno ieri e non hanno domani. Oggi intanto festeggiano cinquant'anni di carriera e lo fanno con la freschezza e la modernità che si addice ai capolavori dell'arte. Lui che per l'arte ha sempre avuto un rispetto assoluto. «Per fare poesia - ha spiegato - è necessario avere un enorme rispetto della materia che usi, sia essa parola, colore, note, mattoni o moduli di altro tipo, rispettare le leggi che ogni materia ha dentro di se senza violentare la natura che le ha prodotte. Infine è necessario credere ciecamente nella realtà/poesia o nella poesia/realtà». Paoli nella poesia ci crede fin dal 1959, quando pubblicò i suoi primi 45 giri. Si intitolavano «La tua mano», «Non occupatemi il telefono» e «Senza parole». Dischi che, praticamente, passarono nell'indifferenza generale del pubblico. Ma sarebbero bastati pochi anni per raggiungere il successo vero. Quello legato ai tormentoni di inizio anni Sessanta. «Senza fine» e «Sapore di sale» (arrangiato da Morricone), rispettivamente legate all'amore tormentato con Ornella Vanoni e a quello assai discusso con Stefania Sandrelli (l'attrice all'epoca era ancora minorenne). Il suo talento ci avrebbe regalato ancora «Il cielo in una stanza», «Anche se», «Me in tutto il mondo» e «Che cosa c'è». Poi gli anni della crisi. Il pubblico che lo dimentica e il tentato suicidio. Prima di riconquistare le scene da protagonista con «Una lunga storia d'amore», «Quattro amici» e le recenti e fortunate partecipazioni al Festival di Sanremo. Paoli ha rivolto le sue attenzioni anche al jazz suonando con Enrico Rava, Danilo Rea, Flavio Boltro, Rosario Bonaccorso e Roberto Gatto. Qualunque cosa Gino Paoli tocchi ormai diventa oro. Anche i suoi cinquant'anni di carriera festeggiati con un nuovo disco di inediti, «Storie», in uscita il 23 gennaio. Paoli festeggerà a Roma anche il 21 gennaio con un concerto-evento all'Auditorium. «Noi scriviamo per un senso di immanente eternità - conclude Paoli - L'uomo è un animale diverso perchè può trasmettere attraverso il simbolo il suo pensiero nel tempo e nello spazio». Anche quando i simboli sono note senza fine.