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Federico Zeri, il profeta della difesa dei beni culturali

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Lì entrava in azione con fulminante rapidità e precisione il mitico Occhio di Mentana, il talento quasi soprannaturale di uno dei più grandi conoscitori d'arte di tutti i tempi, capace di attribuire un'opera al suo vero autore nell'arco di pochi attimi. Lì, infine, si esprimevano al meglio le sue prodigiose doti affabulatrici, pronte a spaziare in tutti i campi dello scibile umano, ma scintillavano anche il suo amore per il gossip implacabile e la sua passione per i più feroci scherzi telefonici. E chissà se Federico Zeri, quando decise nel suo testamento di donare la villa e quasi tutto il suo contenuto all'Università di Bologna, aveva immaginato che di lì a poco la casa sarebbe stata svuotata di tutti i suoi preziosi volumi e della strepitosa fototeca, portati a Bologna nella sede della Fondazione Zeri appositamente costituita. Ora, tristemente, restano solo i cataloghi d'asta e quanto ereditato dal nipote di Zeri, Eugenio Malgeri, che finora ha generosamente deciso di lasciare tutto in loco. Oltre ad una vecchia auto in disuso, abbandonata dal custode della villa in bella e paradossale mostra nel piazzale antistante la casa. L'Università di Bologna aveva promesso di organizzare varie iniziative storico-artistiche per tener viva la memoria di Zeri nella sua casa ma dopo pochi corsi di formazione specialistica in epigrafia e storia dell'arte la villa è tornata al suo triste silenzio. Da noi interpellata, la Fondazione Federico Zeri di Bologna, diretta da una storia dell'arte di chiara fama come Anna Ottani Cavina, ci informa che «l'ateneo felsineo vuole proseguire l'attività di formazione svolta in questi anni nella villa di Mentana, il cui mantenimento costa però troppo. Così, allo scopo di intensificare quell'attività, abbiamo da tempo formulato una proposta di collaborazione alla Regione Lazio che auspichiamo possa tradursi in iniziative concrete». Ma dall'Assessorato alla cultura della Regione ci fanno sapere che in questo senso non esiste alcun protocollo d'intesa e che tutto resta fermo agli ultimi contatti di due anni e mezzo fa. Insomma, Villa Zeri sembra condannata ad un deprimente declino. Per fortuna, per ricordare i dieci anni dalla scomparsa del Professore, giunge la manifestazione «Nel segno di Zeri», un ciclo di conversazioni e proiezioni sulla tutela e la storia dell'arte promosse dal Comune di Montepulciano e che avranno il loro clou proprio oggi e domani. Zeri amava molto quella che definiva «l'altissima qualità architettonica» di questa città. E poi c'è la storia avvincente di un capolavoro recuperato dal Museo Civico di Montepulciano proprio grazie all'occhio prodigioso del vulcanico storico dell'arte. «Il 23 dicembre 1970 - racconta Roberto Longi, direttore del Museo, nonché curatore della manifestazione insieme a Nino Criscenti - cinque quadri furono rubati dalle nostre sale. Nel 1993 quello più prezioso, una "Sacra famiglia" del Sodoma, fu ritrovato da Zeri a Parigi e tornò così nel nostro museo. Ma ci sono due versioni diverse su come andò la faccenda. Quella ufficiale dice che Zeri lo vide nella vetrina di un negozio d'antiquariato. Ma quella più probabile è un'altra. Invitato a cena a casa di un ricco collezionista parigino il famoso storico dell'arte, appena entrato, riconobbe subito alle pareti cinque opere trafugate da musei italiani. Adirato, lo disse al collezionista, si rifiutò di cenare da lui ed andò a denunciare i furti. Subito dopo l'illegittimo proprietario dei quadri li restituì all'Ambasciata italiana in Francia. E da lì tornarono nei rispettivi musei. Ecco, questo era Zeri ed oggi non c'è nessuno come lui».

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