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La lista dei ringraziamenti in calce al disco è più lunga ...

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Registrato ai quattro punti cardinali, mentre i Guns 'N' Roses smettevano di esistere come band per diventare un marchio di fabbrica attorno al quale il cantante Axl Rose ha cercato di ricostruire il suono che aveva forgiato assieme ai soci fondatori Izzy Stradlin, Duff McKagan e sopratutto quell'ultimo eroe della chitarra che è Slash. Lasciato solo, il discusso frontman di dischi culto come «Use Your Illusion 1 e 2» e «Appetite for destruction» aveva capito subito di non avere chance da solista (la band aveva venduto 90 milioni di copie), e si è intestardito su un progetto che si è ammantato di leggenda, ma il cui risultato galleggia sulla linea della sufficienza, come quasi sempre (dagli Who a Cat Stevens) nei casi dei "grandi ritorni". Axl si è circondato di gregari di lusso: ben sei chitarristi, tra cui Robin Finck dei Nine Inch Nails, rivaleggiano con la memoria di Slash, e spesso non sfigurano. Il sound non è rivoluzionario: rock epico, formato stadio, con spruzzate di techno su uno chassis metallico. Non dispiacciono "Chinese Democracy" o la ciondolante "There was a time". Ballatone d'obbligo come "Street of dreams" o la pianistica "This I love", mentre "Catcher in the Rye" deve il titolo a Salinger. La voce di Axl qui e là perde brillantezza: inevitabile, visto che queste incisioni sono un viaggio nel tempo. Certi falsetti magari non gli riescono già più. Ma il cd venderà, eccome. Ste. Man.

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