Anna Fiorino [email protected] «Nient'altro che ...
È una partita fra giovani immersi in paesaggi nordici surreali tanto appaiono gustosi a chi non li abbia ancora assaporati. Giovani che vanno che vengono in viaggi fisici eppure ingenuamente piegati alla metafora della ricerca interiore. Se avete provato il piacere di sentire, almeno una volta nella vita, il tintinnio di una emozione, questo libro è una esperienza che vale la pena d'essere vissuta. Quel sentire sottile che serpreggia passando dalle vene al cuore. Timido, a volte un po' impacciato, che non si vergogna d'essere usuale e di sfiorare la banalità dell'esistenza. Con la sua monotonia e i suoi riti che nessun viaggio può scardinare fino a quando una frase, un sorriso, una piscina calda incastrata nella neve accendono un bisogno, allertano un desiderio. L'illusione sta dentro ogni racconto e si specchia nella crudezza della realtà che diventa affettuosa nei momenti più neri. Abile tecnica di scrittura che mette a dura priva il lettore richiamandolo a una continua presenza di consapevolezza, giacché perdersi un dettaglio non è solo smarrire il filo della storia ma lasciarsi sconfiggere dalla configurazione del personaggio. Che sta lì a chiedersi di continuo che ci faccio al mondo, che ci faccio al mondo con te che mi hai tradito e mi hai svelato sapendo che avrei tradito la mia migliore amica. Eppure ci sto. Come tutti noi. Un giorno assenti, un giorno infuriati. Un giorno furiosi, un giorno timidi. Con un dettaglio. E come se in questa trama intrecciata che, tutta insieme, è la storia di una generazione invisibile a se stessa eppure carnalmente concreta senza essere libidica, giocasse il ruolo del protagonista la consapevolezza che la parola è l'unica salvezza. Davanti all'ultimo fallimento come dinanzi al sorriso enigmatico di un amico che non ha smesso mai di amare ciò che non potrà mai avere. Eppure l'ha. Quando lei gli chiede qualcosa e lui si prende la libertà di rispondere esattamente come lei s'aspetta che lui faccia. Perché l'unica sorpresa è l'ovvietà. Non ci sono mostri da sconfiggere. Non ci sono nemici, se non quelli che servono all'occorrenza per distrarsi da sé. In attesa di riprendersi la conoscenza.