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Per il rilancio economico servono libertà e competizione

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A tal fine, abbiamo posto al professor Infantino, professore alla LUISS, alcune domande sulla "pesantezza" della presente fase storica. La crisi in corso viene presentata come il segnale che si sarebbe conclusa una fase caratterizzata da privatizzazioni e liberalizzazioni. Come risponde? «Le reazioni manifestatesi ai primi colpi della crisi finanziaria sono un indice assai poco confortante. "Der Spiegel" ha addirittura posto sulla copertina la statua della libertà con la fiaccola spenta. E tuttavia, se la fiaccola della libertà dovesse realmente spegnersi, non ci sarebbe motivo di gioirne. Possiamo non amare il modo di produzione capitalistico, ma esso è una delle dimensione della libertà. Il suo inceppamento restringerebbe la nostra autonomia di scelta e minaccerebbe le condizioni di vita del Terzo Mondo. L'odierno antiliberalismo è cieco di fronte alle possibili conseguenze della crisi del capitalismo ed è per tale ragione che l'auspica, ne vede ovunque i segnali e torna a declinare l'intero repertorio statalista. Il che ovviamente mostra quanto superficiali e insincere siano state alcune recenti adesioni al liberalismo. Ma il mondo globalizzato può articolarsi solo tramite princìpi liberali». Per quanti hanno compreso la lezione di Mises e Hayek, l'interventismo è destinato a fallire, poiché produce gravi danni. Ma molti propongono di tornare a una forte presenza dello Stato… «Quella dell'interventismo è una storia vecchia e monotona. Gli interventi pubblici producono sempre effetti opposti a quelli per i quali vengono adottati. Nessun intervento può rendere efficiente quel che non lo è. Le interferenze statali assorbono risorse, che vengono sottratte a iniziative più urgenti e utili. È una vera e propria distruzione di ricchezza, a danno delle generazioni più giovani. Ma il ceto politico, con poche eccezioni, non ne tiene conto perché il suo obiettivo è allargare la sfera d'intervento, cioè il proprio potere». Alla base della crisi ci sono varie cause. Quali però vanno riconosciute come strutturali? Per Mises, l'origine è da riconoscersi essenzialmente nella moneta: si può leggere la presente crisi in tale prospettiva? «Per chi abbia un minimo di conoscenza della teoria "austriaca", la crisi finanziaria non sorprende. È da anni che alcuni fra noi richiamano l'attenzione sulla considerazione che il tasso d'interesse, essendo un prezzo, non può essere arbitrariamente manipolato dalle banche centrali. La Federal Reserve ha condotto una politica dissennata, che ha privato tale tasso della sua capacità di selezionare i progetti produttivi. Di qui i cattivi investimenti, il falso boom e l'esplosione degli errori dovuti a quegli investimenti. Anche questa è una vecchia storia, che dimostra come l'interventismo e i suoi insuccessi portino ad altre interferenze, in un insaziabile crescendo». Quanti amano cercare capri espiatori oggi accusano gli speculatori. Come risponde? «Certa gente dovrebbe studiare di più. La scienza cerca sempre un'imputazione causale, i mestieranti un capro espiatorio. È un espediente tribale, che non fa onore a chi lo usa. Nel 2006 ho pubblicato La Grande Depressione di Murray N. Rothbard, un libro che utilizza la lezione "austriaca" e trova le ragioni della crisi del '29 nell'interventismo del presidente Hoover. Salvo poche eccezioni, la stampa se n'è disinteressata. Ma lì ci sono gli strumenti teorici per capire la realtà». Un tema cruciale della sua riflessione è la critica della pretesa di alcuni di disporre di una "conoscenza superiore", tale da risolvere ogni problema. «È la medesima pretesa che nutre la politica monetaria della Fed e alimenta ogni forma di centralizzazione, ma tale pretesa è assurda. Se esistessero uomini onniscienti, non avremmo bisogno della concorrenza. La libertà e la competizione sono gli strumenti attraverso cui, dati i nostri limiti, cerchiamo di trovare soluzione ai problemi. Il che è quanto tutti i denigratori del mercato trascurano sistematicamente. Ma la logica competitiva è la stessa logica della ricerca scientifica».

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