«Orgoglioso degli errori commessi»
E guai a chiedere a Tiziano Ferro se nel video di "Alla mia età" ha usato una controfigura per la scena di calcio. «Sono io! Abbiamo girato allo stadio di Marassi, ovviamente vuoto, con il blue screen alle mie spalle. Rivendico quel tiro appena fuori della porta. Non avrei permesso ad altri di indossare la maglia con il mio numero portafortuna, il "111"». Quello che dava il titolo a un vecchio cd, molti chili fa. Nella vita, quanti rigori calciati fuori? «Un numero indefinito. Ma lo sbaglio supremo è mettersi a contarli, come se una scelta rivelatasi infelice fosse davvero un fallimento. Certi rovesci vanno affrontati con dignità: la capacità di pagare le conseguenze di ciò che si fa attiene alla dignità dell'uomo. Purtroppo viviamo in una società in cui, se toppi una mossa sotto i riflettori, vieni inesorabilmente bocciato. Lode a chi si mette in discussione dopo un colpo andato a vuoto». Nel video vediamo il "calciatore" Ferro aggredito dai giornalisti. Ha imparato a difendersi? «Ho imparato a dribblare la scarsa autostima che mi pilotava la vita e la carriera. Ora mi sono scelto un entourage ristretto, gente che mi rispetta e segue la mia nuova filosofia: quella di un artista che si piace di più di quanto non accadesse in passato, quando mi sentivo in debito con la fortuna, e non mi tiravo indietro di fronte a chi chiedeva un pezzetto della mia anima. Mi sembrava un atto di maleducazione verso la sorte, non accettare l'esposizione cui ti condanna questo mestiere privilegiato. Adesso ho fatto pace con il mio ruolo, posso centellinarmi. Decisivi sono stati gli incontri con Battiato e Fossati». Come vi siete fiutati? «Franco registrava nello studio accanto. Mi chiese di adattare in spagnolo il suo nuovo pezzo, "Tutto l'universo risponde all'amore", poi la collaborazione è sfociata in una scrittura a quattro mani per la mia "Il tempo stesso". Ivano mi è venuto in soccorso per il testo di "Indietro", che non riuscivo a concludere, e che nel disco vanta anche una versione in inglese in cui duetto con l'ex Destiny's Child Kelly Rowland. L'ho lasciato lavorare in silenzio, e la cosa è riuscita bene. Battiato e Fossati sono due artisti che non si sono lasciati macinare dalle esigenze discografiche, e sono rimasti fedeli alla loro passione per la musica. Al valore dell'integrità personale. La loro è la grandezza di chi si esprime in modo luminoso, e apparentemente semplice. Anche quando si sporcano le mani con un giovane». C'è poi il contributo di Laura Pausini ne "La paura non esiste". «Io e Laura non smettiamo di mandarci sms da una parte all'altra del mondo. Sarebbe stata una mia perfetta amichetta del liceo, la confidente per tutta una vita. Mi ha suggerito il titolo del brano, e ho avuto una folgorazione: volevo intitolarci l'intero cd. Mi sembrava una parola d'ordine per crescere insieme. Ho dovuto insistere perché ci mettesse la firma. A proposito, sentito il suo singolo? Sarà un successone». Pentito di aver lasciato il tormentone dell'estate a Giusy Ferreri? «Scherziamo? Con Giusy è nato un feeling istantaneo. È riuscita a tirar fuori la mia vena di autore "sartoriale". Sto lì a cucire la musica addosso a qualcun altro, senza però intromettermi troppo. Vedrete: adesso arriva il suo primo album». Dove lei è produttore. Ha scritto anche "Il re di chi ama troppo" per Fiorella Mannoia. «E canto con lei: un altro regalo grandissimo. Canzoni che nascono dentro di me e che con naturalezza sposano la voce altrui». Come la mettiamo con quella prima frase di "Alla mia età": "Sono un grande falso mentre fingo l'allegria"? «Mannaggia a quando l'ho scritta! È quella che resta più impressa. Ma attenzione: alla fine di quel testo dichiaro che è più importante saper piangere. Mettersi una maschera e ridere mentre crolli dentro rende impossibile vivere, ti fa diventare pazzo poco a poco». Su Facebook nascono gruppi chiamati "Regaliamo un sorriso a Tiziano Ferro". «Ma perché? Gli amici veri sanno che alle feste sono un pagliaccio! Buonumore e malinconia convivono nel mio carattere, che è quello di un uomo che si fa molte domande. E che a volte vive la propria interiorità in modo troppo profondo». Troppo? «Già. Miglioro di anno in anno, ma non ho ancora acquisito il senso della misura, non ho completato il percorso per imparare a prendermi sul serio. Sono un istintivo, e nella vita di tutti i giorni apprezzo la compagnia, le risate. Ma quando l'anima mi si spacca e arriva una canzone, capisco di non avere più filtri».