Nati per credere: l'uomo è naturalmente predisposto alla religione
Sul tema Vallortigara ha appena scritto un libro, "Nati per credere" insieme a Telmo Pievani, Professore di Filosofia della Scienza alla Bicocca di Milano, e a Vittorio Girotto, docente di Psicologia cognitiva all'Università di Venezia. E sempre di questo i tre discuteranno a Genova il 2 novembre, al Festival della Scienza, cercando di rispondere alla domanda: «Perché l'uomo è affascinato dal soprannaturale?». Proprio questo è il punto. Ma prima di tutto: che significa "nati per credere"? «Che l'essere umano è strutturalmente fatto in modo da credere al soprannaturale", spiega Vallortigara a Il Tempo. «A Dio, ad angeli e santi, a spiriti di defunti ed anime sempre presenti. E, primo su tutti, al creazionismo, come spiegazione del mondo. Sembriamo geneticamente attrezzati per trovare molto facile accettare il creazionismo: al contrario del darwinismo, ben più difficile da digerire. Già il biologo Richard Dawkins diceva che il nostro cervello sembra progettato per fraintendere il darwinismo. Io aggiungo: l'evoluzione ha creato Dio, non viceversa". Che intende? «Che la nostra spontanea tensione al credere, la nostra immagine di Dio, dipendono dal modo in cui il nostro cervello è stato foggiato nella selezione naturale. Da Darwin si arriva a Dio, non il contrario. Che l'uomo sia nato per credere, possiamo dirlo oggi proprio dopo Darwin e grazie a lui: alla scienza, che ci consente l'analisi di certi meccanismi». Un darwinismo necessario, insomma, per comprendere la tendenza umana al credere. Ma su cosa si basa una teoria del genere, possibile "pietra dello scandalo" per la morale cattolica? «Ci siamo concentrati su bambini e neonati: in loro si osservano i meccanismi cognitivi propri dell'essere umano. I bambini trattano gli oggetti in termini teleologici, funzionali. Chiedono sempre "a che serve" una certa cosa. Ad esempio, "a cosa serve la nuvola?". Per loro, "Serve per piovere". I bambini concepiscono i fenomeni naturali come qualcosa di progettato intenzionalmente, con uno scopo preciso, pensato da entità sovrumane. Così, spontaneamente, si arriva al pensiero del sovrannaturale". Vallortigara continua: "Lo stesso accade se a un bambino si chiede che proprietà mantiene un topolino morto. Il piccolo sa che quelle fisiche non ci sono più, ma per lui quelle psicologiche restano. Infatti vuol seppellire il topolino col suo giocattolo preferito, affinché gli "tenga compagnia"». Dall'analisi di questi meccanismi si conclude che «le religioni, il pensiero sovrannaturale, sono il prodotto di meccanismi cognitivi normali, propri di tutte le creature animate». Non si riduce così la religione a pensiero infantile, immaturo? «No. Si parte dai bambini solo perché, in loro, certi meccanismi sono più riconoscibili. Ma questi fanno parte di tutti noi. Le concezioni religiose sono l'esito del normale procedere del nostro cervello, della sua evoluzione in termini funzionali, che lo spinge a pensare a entità sovrannaturali "dietro" quei perché». Ma c'è di più. «Noi siamo solo dei naturalisti che osservano un fenomeno. Le nostre ricerche restano indipendenti da ciò che noi tre individui crediamo o meno. E che rimane affar nostro». Ma lei, Vallortigara, crede? «No comment. Io credo solo che, in ogni caso, sia meglio sapere».