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Antonio Angeli [email protected] Per alcuni è il più ...

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Il nuovo libro di Roth, uscito da qualche settimana e che attualmente gravita nella classifica alta dei più venduti (diciamo più o meno tra il ventesimo e il decimo posto), si intitola «Il fantasma esce di scena» ed è un ponderoso volume (edito da Einaudi) di duecento e più pagine. Nathan Zuckerman è, o vorrebbe essere, il fantasma in questione di questa avventura, e già sanno gli «innamorati» di Roth che Zuckerman, senza veli e giri di parole, è lui stesso medesimo, l'autore. Un Roth che si maschera dietro un altro nome più per vezzo letterario che per pudore artistico e che assiste alla sua morte, fisica e professionale, attraverso un esilio, ritenuto forzato, in un eremo lontano dalla civiltà. Ma l'ironia della vita e dello stesso Roth è sempre, soprattutto, imprevedibile. La vita, e questo è un piatto che l'autore più newyorkese di tutti gli scrittori ci ha insegnato ad apprezzare, non segue mai linee prevedibili. E tutto è ben spolverato di quella saporosa ironia in stile yiddish che un po' fa ridere e un po' fa piangere. Insomma in questo «Il fantasma esce di scena» il fantasma, questo personaggio che aleggia nella vita artistica di Roth, appunto Nathan Zuckerman, col cavolo che esce di scena. Anzi, in scena ci rientra, pieno di stupore e incredulità. Non più giovane, anzi vecchio e insofferente dei suoi acciacchi, abbandona le montagne sulle quali si era ritirato e ritorna a New York. E, come un topo che riprende a rosicchiare la forma di formaggio preferita, viene travolto da un'ondata di emozioni che non pensava di poter più provare. Tre incontri mutano, del tutto inaspettatamente, la monotonia della sua vita. Tre incontri che sono come una serie di viali che, in un modo o nell'altro, il protagonista-Roth non può non imboccare. Improvvisamente, dalla pacifica (falsa) constatazione di essere solo un rudere in attesa di crollare, il «fantasma» Nathan Zuckerman si ritroverà perfino a vivere fantasie erotiche, con i batticuore di un ragazzetto. Philip Roth è uno scrittore che non può lasciare indifferenti e questo, in qualche modo, potrebbe essere il più «suo» dei suoi romanzi. Alcuni che leggono i suoi scritti si ripromettono di non leggerne mai più. È come una sonora sbronza, una girandola di emozioni che, il giorno dopo, può provocare perfino un gran mal di testa, tanto da dire: «Non lo farò mai più». Ma tutti sanno che è solo una bugia.

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