
Al Pacino

Il suo «tappeto rosso» è stato preceduto da una manifestazione dei centri sociali romani. In serata è stata poi proiettata l'anteprima mondiale del suo film «Chinese Coffee», la sua quarta regia dopo «Riccardo III», considerando anche il documentario «Babbleonia» e «Salomaybe?» (dove Pacino farà la parte di Re Erode), ancora in fase di lavorazione e che l'attore americano spera di presentare al prossimo Festival di Roma. «Salomaybe?» nasce dal desiderio «di realizzare un film sulla vita e le opere di Oscar Wilde. Vedendo in Inghilterra la pièce messa in scena da Steven Berkoff ho provato un shoc e solo alla fine mi sono reso conto che era stata scritta da Oscar Wilde. Allora, ho cercato di analizzarla meglio, di approfondirla e per farlo dovevo recitarla. Sono già tre anni che ci sto lavorando. Avrei voluto mostrarvela qui al Festival, ma non è ancora pronta, forse lo sarà l'anno prossimo». Prima dell'incontro con il pubblico sono stati proiettati spezzoni emozionanti dei suoi film più belli: «Il Padrino» (I e II), «Scarface», «Profumo di donna», «Lo spaventapasseri», «Carlito's Way» e altri. Per lui il mestiere dell'attore «ha le stesse implicazioni degli artisti e dei romanzieri, ha una grande forza narrativa, al di là dello star system commerciale e l'Actor's Studio è da sempre la mia famiglia: forse non tutti sanno che è gratuito e che puoi parteciparvi a qualsiasi età, basta superare il provino e ne diventi membro a vita. Quando iniziai negli anni '60 ero giovanissimo, recitavo con Marlon Brando, con De Niro e con Strasberg, il mio maestro, e tutti erano gentili con me: anch'io adesso cerco di non intimidire i miei giovani allievi. Il bello dell'Acor's Studio è che c'è sempre spazio per sperimentare. Con il mio mentore, Strasberg, ho avuto persino il privilegio di recitare in "Il Padrino Parte II": ci capivamo e non mi ha mai dato istruzioni o indicazioni, solo una volta mi disse: "Se vuoi recitare devi imparare le battute". E aveva ragione perché con il tempo si rischia di dimenticarle, di sovrapporre i tanti ruoli interpretati e da alcuni di questi è pure difficile distaccarsi: mi è accaduto con il personaggio di "Quel pomeriggio di un giorno da cani", ma ora non ho più quel problema, col tempo ci si attacca ad altre cose. Il cinema è un mezzo ancora giovane e ricco di magia con una capacità d'espressione infinita. Però continuo ad amare di più il teatro. Amo il cinema, mi piace vedere i film ma non impazzisco all'idea di farli. Invece, non c'è niente di più bello che sentire il pubblico dal vivo. Sono un performer nato, a volte esagero nelle mie performance, ogni ruolo è come una tela vuota che cerco di riempire in qualche modo e la cosa migliore della recitazione è farsi una bella bevuta a fine spettacolo. Preferisco i tempi europei per lavorare in un set: sono più lenti, meno faticosi e ogni pranzo dura tre ore». E a chi gli ha chiesto se la pensa come Toni Montana, il suo personaggio in «Scarface» che diceva: «Dico sempre la verità anche quando mento», Pacino ha risposto che «nella vita recito ogni giorno, ma è nel recitare che dico sempre la verità». Mentre il consiglio a un giovane attore per fare colpo sul regista è uno solo: «Non presentarsi al provino», ha ironizzato il divo hollywoodiano che, oltre al Marc'Aurelio, ha ricevuto sul red carpet il Gongolo di «Striscia la notizia».
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