Gigi D'Alessio: "La mia musica per salvare chi ha fatto scelte sbagliate"
«Andrò in galera», annuncia Gigi D'Alessio. Che diavolo ha combinato? «Niente di losco! Il presidente del Dap mi ha chiesto di tenere dei concerti nelle carceri italiane, e io sono a disposizione. La cella è anche un luogo per ripensare a scelte sbagliate, e la musica è una lama che può aprirti l'anima.Se riuscirò a far riflettere almeno uno dei detenuti, le mie canzoni avranno avuto un senso in più». Le è già capitato? «C'era una ragazza al Minorile di Torino. Si tagliuzzava le vene. Le sequestrarono la lametta e ci riprovò con un pezzo di grata. Era una mia fan, le chiesi perché faceva tutto questo. Da quel giorno ha smesso, e ha intrapreso un percorso spirituale». Eccolo, il D'Alessio dell'autunno 2008. Uno che esce da «due anni complicati, durante i quali sono stato l'unico a non parlare di me, mentre in troppi mi giudicavano senza conoscermi: ora ho imparato a volermi un po' più di bene», confessa. Sogna - penitenziari a parte - di cavarsela con un tour estivo 2009 «in tre stadi: l'Olimpico, il San Paolo, e il mio sogno San Siro». Intanto, sabato prossimo, andrà in due autogrill sull'A1, tra Roma e Milano. È lì che vuole presentare ai fans "Questo sono io", il suo sedicesimo cd, nel quale si mette a nudo come mai prima. «Le canzoni mi sgorgavano dal petto senza sforzo», sospira. Quel pezzo strappacuore dedicato a suo figlio, "Babbo Natale non c'è": davvero un colpo basso per i padri separati. «Fa male, eh? Del resto, avere un bambino che vive lontano, anche se viene da me ogni weekend, è la mia sofferenza. Penso se se mi cerca non mi trova in casa, che l'amore che gli mostro può non bastargli mai». Occhio ai sensi di colpa. «Ho due figli adulti, ma Luca ha cinque anni. È nato nel 2003, l'anno in cui è morto mio padre. Fino a quel momento ero stato io, il figlio eterno. Solo allora ho sentito il peso di diventare genitore. Ma lui me lo ripete sempre: "Nessuno mi vuole bene come te". Ora che è piccolo gli regalo questa canzone. Un giorno la capirà». In "Male d'amore" ammette la paura di invecchiare. «Stare con una donna di vent'anni più giovane è fantastico, ma ogni tanto ti vengono certi pensieri...». Tipo: che sarà di noi quando avrò 70 anni? «E Anna sarà una splendida cinquantenne? Se mi lascerà avrò almeno l'orgoglio di averlo scritto nel 2008». Ora però non va male. «Non facciamo più notizia: l'avessi capito prima, mi sarei fatto le foto da solo, e le avrei vendute per beneficenza. Ero in buona fede, non ero pratico delle leggi del gossip. Invece ho questa causa con i paparazzi, andrò in appello, e spero di non andare in galera sul serio». Di certo andrà in tv. «Due serate su Raiuno, il 28 novembre e il 5 dicembre, dal Palazzetto dello Sport di Fiuggi. Con Anna inviteremo altri artisti. In lista Leona Lewis, Michael Bolton. E Panariello, Bocelli. Di sicuro Pino Daniele». Che suona la chitarra in "Addò so' nnato ajere", e ha scritto a quattro mani "Sarai": lì c'è la voce della Tatangelo. «Io e Pino siamo nati a cento metri di distanza. In estate ci siamo detti che invece di continuare a litigare, dovevamo provare a conoscerci. Mi spiace che questa grande amicizia non sia nata prima». Al concertone di Piazza del Plebiscito i fan di Daniele l'hanno fischiata. «C'era da aspettarselo. Per loro era come vedere Bush e Bin Laden che vanno a prendersi un caffé. Spero che un giorno mi accettino. Ero lì per Pino, e per sostenere una città in difficoltà». Oggi come va? «Lo Stato si fa sentire in modo consistente a Napoli, e spero non sia un fuoco di paglia: abbiamo riempito le prime pagine di tutto il mondo con la spazzatura. Berlusconi riuscirà a curare i nostri mali, a spegnere la benzina che continuamente buttano sulla nostra immagine». E Saviano? «Ha avuto il merito di scoperchiare la pentola della camorra. Comprendo l'ansia con cui vive questa situazione, temendo per la sua famiglia. Capisco che non riesca a dormire la notte, che trasalisca quando bussano alla porta: e se ha paura, ha diritto di andare dove crede di trovare serenità». Ma così facendo... «Manda il messaggio che lo Stato ha perso. Ma è un essere umano, è difficile rinunciare alla libertà vivendo scortati. Comunque decida, per lui è un dramma». L'ha infastidita la citazione in "Gomorra"? «No. Ha scritto che le mie canzoni si sentono dalle finestre di certi quartieri. È la verità». C'è un brutto luogo comune: se sei un napoletano famoso, prima o poi i camorristi vengono a stringerti la mano. «Nel '93-'94 suonavo ai matrimoni. Ne facevo anche quindici al giorno. Ogni volta centinaia di invitati. Non potevo mica chiedere il certificato penale a tutti. C'era sempre chi sussurrava: "lo sai chi è quello?". Ma spesso erano sbruffonate. Gente che magari fingeva di avere rapporti con malavitosi solo per pagare di meno il rinfresco. Quelli che sembravano davvero poco raccomandabili si comportavano da signori. Ti davano quel che ti spettava, e anche di più». Le spiacerebbe avere ammiratori tra i criminali? «Nessuno nasce malvagio. E chi prende una cattiva strada può sempre imboccare una svolta, e tornare indietro».