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«Lezione 21» tra sogno e realtà

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Il film con cui esordisce come regista, scrivendone ovviamente anche il testo, è un esperimento complesso, narrativo e stilistico, sempre però, ad ogni svolta, suggestivo. Quattro momenti, in tempi diversi. Oggi in Inghilterra, un docente universitario (si chiama Killroy come un personaggio di «City», altro romanzo di Baricco), è misteriosamente scomparso, ma di lui i suoi studenti ricordano con entusiasmo molte delle sue lezioni volte a demistificare capolavori celebrati, come la «lezione 21» che metteva in dubbio molti valori della Nona Sinfonia di Beethoven. Segue, nel 1824, la prima esecuzione a Vienna di quella sinfonia, diretta dallo stesso Beethoven con esiti incerti. Il terzo momento, un «adagio», appunto come in una sinfonia, vede l'allieva prediletta del docente andare a scoprirlo in mezzo a dei barboni. Il quarto ci mette di fronte al singolare episodio, di nuovo all'inizio dell'Ottocento, di un violinista su un lago ghiacciato intento a suonare il suo strumento fino a morire assiderato. Uniscono narrativamente i quattro momenti due concerti opposti, la vecchiaia e la bellezza, li collega linguisticamente la visualizzazione della musica, secondo i tempi di una sinfonia, dando spazio all'analisi minuziosa della Nona, in ogni dettaglio, e chiudendo con quell'«a solo» di violino che è la cifra più segreta, e anche funebre, di tutta la rievocazione. Certo, un'impresa ardua, ai limiti di un cinema sperimentale e di ricerca, ma così carica di tensioni e di emozioni, anche figurative, specie nelle coreografie sullo sfondo di panorami innevati, da trasformarsi quasi sempre in una gioia per gli occhi. Mentre l'udito, anche là dove lo sente discusso, si abbandona al fascino imperituro della Nona. Confermato, nonostante le apparenze, proprio da quella «lezione».

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