Writers ok, vandali no
..Patrimonioda difendere più che le porcellane di Capodimonte sul trumeau di una contessa. E invece lo sfregio è in agguato come lo scippatore alla stazione della metro. Marmi e pietre antiche soffocate da zig zag neri di pennarello, il cilestrino color dell'aria, il rosso pompeiano, il rosa cipria di intonaci appena rifatti profanati dal disegnaccio a bomboletta, dalle scritte oscene degli ultras, dal «Debora ti amo» col cuore storto. A porre fine a tutto questo pensa il presidente del Consiglio vuole varare un provvedimento contro graffito selvaggio. Un ddl o forse un decreto legge - ha detto - affinché diventi reato l'atto «di chi sporca i luoghi pubblici. Perché - s'arrabbia - certe città d'Italia paiono Africa». Gli fanno eco i sindaci (Rosa Iervolino in testa, che minaccia sanzioni da 500 euro). Alla Camera e al Senato sono pronte sette proposte di legge contro gli imbrattatori. Quella dell'onorevole Brugger, del Gruppo Misto, prevede fino a due anni di carcere e una multa massima di 5 mila euro. Giusta l'indignazione, visto che i vandali costano a Roma 5 milioni di euro l'anno. E a Milano i milioni sno 9. Ma la questione ha bisogno di alcuni distinguo. Una cosa è chi «sporca i luoghi pubblici», altra chi fa del muro di un viadotto, di una fabbrica dismessa, dei non-luoghi metropolitani la tela per esprimersi. E per trasformarli in territori significativi, dandogli un'identità e una storia. Il graffitismo libera la creatività intervendo sul tessuto urbano. Ha come antenati i murales, un preciso movimento artistico in Messico. I writers sviluppano una ricerca sui segni, affinano la comunicazione. E writer è quel Basquiat che ebbe in Andy Warhol il vate e al quale ora Roma dedica una mostra a palazzo Ruspoli. Come dire, il «graffitaro» da due milioni di dollari sullo sfondo di una blasonata dimora capitolina. Il Governo mediti, prima di usare il machete.