Dina D'Isa d.disa@iltempo.it Per la prima volta una ...
A scrivere - con Ivan Cotroneo - e a dirigere il film è stata la più giovane dei quattro figli dell'istrionico Ugo, Maria Sole Tognazzi, che dal 24 ottobre sarà sui grandi schermi con "L'uomo che ama", distribuito da Medusa e interpretato da Pierfrancesco Favino, Monica Bellucci e Xenia Rappoport. La storia è quella di Roberto (Favino), quarantenne che vive due diverse storie sentimentali, sperimentando la dolcezza e insieme la crudeltà dell'amore. Maria Sole, cosa l'ha spinta a realizzare una storia che restituisce l'insolita immagine di un uomo che piange per amore? «Dopo aver realizzato cinque anni fa il mio primo film, "Passato Prossimo", ho scritto sempre con Cotroneo, una sceneggiatura sul tema della reincarnazione. Ma dopo tre anni di lavoro ho capito che questa storia presentava troppe difficoltà di realizzazione. Allora ho pensato di raccontare la ciclicità dell'amore, abbandonando gli stereotipi secondo i quali una donna è spesso più fragile sentimentalmente dell'uomo. L'uomo e la donna oggi vivono emozioni e sentimenti molto simili». Questo vuol dire che la figura del latin lover è ormai solo un ricordo? «Credo di sì. È qualcosa che appartiene ad un'altra generazione. Il macho oggi diventa sempre più micio in una società complessa dove i ruoli tra uomo e donna sono spesso invertiti rispetto al passato e l'amore è diventato trasversale, meno legato a vecchi tabù: non a caso nel film racconto anche una storia omosessuale tra due ragazzini. Il mio protagonista vive a distanza di sei mesi due relazioni sentimentali: in una soffre perché è lui ad abbandonare e nella seconda si tormenta perché subisce l'abbandono». Di recente un'inchiesta internazionale ha però rilevato che l'uomo nell'amore non perde mai la sua razionalità e l'idea del matrimonio in lui non è quasi mai legata a quella dell'amore: che ne pensa? «Esiste un fondo di verità. Tanto che in una scena il mio protagonista, pur sapendo che la sua storia d'amore è finita, alla notizia che la sua lei aspetta un bambino torna sui suoi passi e si attacca all'idea di avere una famiglia: ma quando l'evenienza del lieto evento viene a mancare lui lascia definitivamente la donna». È vero che per questo film si è ispirata a un'esperienza di suo fratello Gian Marco? «In parte è vero, perché una volta, quando eravamo ragazzi, mio fratello venne a casa mia e mi citofonò nel pieno della notte: quando aprii la porta vidi Gian Marco piangere e singhiozzare per una storia d'amore finita». C'è un ricordo di suo padre Ugo che le torna spesso alla memoria? «Sì, ricordo sempre la sua grande professionalità, umiltà e ironia, mischiate a quel pizzico di rischio, con cui portava avanti la sua carriera. Questo mi ha insegnato e questo cerco di fare».