Nel «Pianeta delle scimmie» solo ragione non spiritualità
In che modo? Privandolo di Dio, costruendo una società che respinge qualsiasi riferimento alla trascendenza, edificata sul relativismo dei valori, prigioniera della dottrina laicista. E lasciando che l'uomo venerasse la ragione, piuttosto che servirsene per giungere all'Assoluto. Gli autori di "Il pianeta delle scimmie" (Piemme) immaginano così l'avventura di un signor Rossi che nel 1962 è stato lanciato nello spazio. Di ritorno sulla terra il signor Rossi non crede ai suoi occhi: il pianeta è cambiato, è flagellato dallo sfascio dell'istituzione familiare, dall'accettazione dell'eutanasia, dalla glorificazione dell'aborto, dallo svuotamento delle chiese e dal contemporaneo affollamento domenicale dei centri commerciali. E, cosa ancor più incredibile, questo subumano stile di vita, tanto simile a quello degli oranghi quanto lontano da Dio, e che il signor Rossi stenta persino a decifrare, è avallato (quando non favorito) proprio da coloro che pretendono ancora di definirsi cattolici. Ma cattolici moderni, ovvero adulti, ci mancherebbe. Allora il "naufrago" interroga gli autori del libro: ma che cosa è accaduto? Semplice: "a forza di predicare che l'uomo è uno dei tanti animali sulla faccia della terra - rispondono gli scrittori - gli uomini si sono veramente trasformati in scimmie". Gli esseri umani, cioè, hanno smarrito Dio, hanno preferito servire il mondo e i suoi idoli. Nell'illusione che la fede nel Dio cattolico e l'adesione incondizionata alla terra siano sempre "ecumenicamente" conciliabili, dimentichi dell'eterno insegnamento di Gesù: "Il mio regno non è di questo mondo". Ma, come spiegano Gnocchi e Palmaro, la battaglia è forse disperata ma non perduta.