I figli adolescenti questi sconosciuti
«L'età dell'incertezza» di Vera Slepoj (Mondadori, pag.188) negli intenti dell'autrice-psicologa e psicoterapeuta (la Slepoj è presidente della Federazione Italiana Psicologi) si pone l'obiettivo di «capire l'adolescenza per capire i nostri ragazzi». E già perché l'adolescenza è come una tempesta che coglie di sorpresa la barca-famiglia abituata a navigare, fino a quel momento, in un mare di bonaccia. I genitori, che sono stati adolescenti e che forse non sono mai diventati adulti, quasi mai si sentono preparati. I ragazzi che vivono sulla loro pelle questa trasformazione fisica e psichica, sono combattuti dalla ineluttabilità del distacco e nello stesso tempo come Peter Pan dalla nostalgia per l'infanzia che se ne va. Dottoressa Slepoj i genitori degli adolescenti all'improvviso non riconoscono più i loro bambini. I rapporti si complicano. La comunicazione si fa difficile... Si ha l'impressione di avere a che fare con qualcuno che ti è ostile. E la cosa incredibile è che quel qualcuno è proprio tuo figlio! «È proprio così, è una fase necessaria nella vita dei nostri ragazzi. Il problema è che i genitori devono sintonizzarsi, al più presto, sulla stessa linea d'onda. Devono essere funzionali alle loro esigenze e smetterla di pensare di essere gli interlocutori assoluti dei propri figli. È un gioco di equilibrismi, bisogna accompagnare con discrezione i ragazzi durante questo difficile cammino, esserci senza apparire, controllare a distanza amicizie e stile di vita, dare le regole e poi farle rispettare, mantenere le proposte. I problemi e le patologie legate all'adolescenza sono direttamente proporzionali all'incapacità dei genitori di costruire un percorso formativo per i loro figli». Da cosa nasce questa incapacità a fare i genitori? «Dalla confusione dei ruoli. Molto spesso i genitori in nome di una falsa libertà delegano all'esterno, scuola o società, l'educazione dei propri figli. È inadeguatezza! Del resto come si fa a chiedere ai ragazzi di essere responsabili quando i primi a non esserlo sono proprio gli adulti? Non c'è niente di peggiore, poi, di un genitore che fa l'amico! I ragazzi hanno bisogno di una guida perché l'incertezza è una prerogativa della gioventù. Hanno bisogno di aggrapparsi a qualcosa, di avere un orientamento. Un tempo c'erano i maestri di vita, le figure forti capaci di fornire modelli di comportamento. Tutte le patologie legate all'adolescenza dal bullismo, che è un fenomeno esageratamente amplificato dai media, ai disturbi alimentari come anoressia e bulimia, sono delle forme estreme di difesa da parte di ragazzi che si sentono isolati dalla famiglia. L'anoressia sarà pure condizionata da un senso di inadeguatezza nei confronti di un modello estetico ma siccome il cibo è un mediatore affettivo alla base c'è sempre un rapporto conflittuale con la madre». L'adolescenza non è un dato biologico ma un concetto culturale? «Nei tempi antichi dall'infanzia si passava subito all'età adulta. Essere adolescenti non ha voluto dire la stessa cosa nelle varie epoche. Oggi invece l'adolescenza si è dilatata e si è riversata su tutte le altre età. Le ha assimilate in una dimensione senza tempo, realizzando una sorte di sogno di Faust!» Una ciambella di salvataggio per i genitori che vogliono comunicare con i propri figli è l'alfabetizzazione informatica? «Non si può più prescindere! Gli adolescenti vivono in simbiosi con Internet. Se si vuole comprendere realmente come stanno crescendo le nuove generazioni bisogna informatizzarsi».